Nel 1884 Edwin Abbott Abbott pubblicò Flatland: Racconto fantastico a più dimensioni, il primo libro che potrebbe essere descritto come “narrativa matematica”. Ian Stewart, autore di Flatterland e The Annotated Flatland, racconta la strana storia delle avventure geometriche di A. Square.
(Questo testo è la traduzione italiana di un articolo precedentemente uscito su The Public Domain Review sotto licenza Creative Commons)
di Ian Stewart
Edwin Abbott Abbott, direttore della City of London School sin dall’età di 26 anni, era noto come insegnante, scrittore, teologo, studioso shakespeariano e classicista. Era un riformatore religioso, un educatore instancabile e un sostenitore della socialdemocrazia e dell’educazione delle donne. Eppure la sua fama non è dovuta a nessuno di questi meriti, ma a uno strano, piccolo libro, primo e quasi l’unico del suo genere: un fantasy matematico. Abbott lo chiamò Flatland, e lo pubblicò nel 1884 sotto lo pseudonimo di A. Square.
Superficialmente – e il mondo di Flatlandia è una superficie, ovvero un piano infinito euclideo – il libro è la storia di creature geometriche che vivono in un mondo bidimensionale. A. Square, un tizio piuttosto ordinario, vive un’esperienza mistica: una visita della misteriosa Sfera della Terza Dimensione, che lo porterà in nuovi mondi e nuove geometrie. Ispirato da zelo evangelico, Square si sforza di convincere i suoi concittadini che il mondo non si limita alle due dimensioni accessibili ai loro sensi, ma entra in collisione con le autorità religiose e finisce in carcere.
La storia ha un fascino senza tempo, e non ha mai smesso di essere stampata sin dalla sua prima pubblicazione. Ha generato diversi sequel ed è stata oggetto di almeno un programma radiofonico e due film di animazione. Non è soltanto un libro sulle dimensioni nascoste: è un libro che possiede delle dimensioni nascoste. La sua missione matematica non si limita alla nozione di due dimensioni, ma a quella di quattro. La sua funzione sociale gioca con la rigida stratificazione della società vittoriana, in particolare con lo status secondario delle donne, anche se mogli o figlie dei ricchi.
Gli abitanti di Flatlandia sono triangoli, quadrati e altre figure geometriche. Nella gerarchia del mondo planare, lo status dipende dal proprio grado di regolarità e da quanti lati si posseggono. Un triangolo isoscele è superiore a uno scaleno (tutti i lati diversi) ma inferiore a un triangolo equilatero. Ma tutti i triangoli devono sottostare ai quadrati, che a loro volta si sottomettono ai pentagoni, esagoni, fino all’apice della società di Flatlandia, il Sacerdozio. Sebbene siano chiamati “Cerchi”, i sacerdoti sono in realtà dei poligoni con così tanti lati che nessuno può distinguerli. I figli dei quadrati sono di solito pentagoni e i nipoti esagoni, quindi c’è una progressione generale lungo il piano (non c’è un “sopra” in Flatlandia).
Ma che dire di mogli e figlie? Le donne di Flatland sono semplici segmenti (in realtà triangoli molto sottili) la cui posizione sociale è zero. La loro intelligenza è di poco superiore. La legge impone loro di indossare una parrucca da un lato all’altro per poter essere notate, e di emettere forti grida per poter essere ascoltate, perché una collisione accidentale con una donna è fatale come una coltellata. Abbott è stato un po’ criticato da alcune delle sue contemporanee, che non ne hanno apprezzato l’ironia. Ma sappiamo che nella sua vita, come nell’istruire la figlia, l’autore ha fatto molto per migliorare la condizione delle donne e per garantire che ricevessero lo stesso livello di istruzione degli uomini.
Flatland affronta questo argomento attraverso una “metafora dimensionale”, ampiamente utilizzata al tempo e non interamente invenzione di Abbott. Le difficoltà di un vittoriano “tridimensionale” che tenta di afferrare la geometria delle quattro dimensioni sono simili a quelle che affronta A. Square nel tentativo di cogliere la geometria di tre. Tra le fonti di Abbott sono da citare i frequenti incontri con eminenti scienziati come il fisico John Tyndall, che l’autore incontrò a casa di George Eliot nel 1871. Tyndall potrebbe aver raccontato ad Abbott del lavoro di Hermann von Helmholtz, che durante le sue conferenze pubbliche sulla geometria non euclidea usò la metafora di una creatura bidimensionale che vive su una superficie matematica. Un’altra probabile fonte è lo scandaloso Charles Howard Hinton, che scrisse un libro su un mondo bidimensionale 1907: An Episode of Flatland: How a Plane Folk Discovered the Third Dimension
Abbott non era particolarmente bravo o appassionato di matematica, ma il suo libro affronta una questione di grande interesse in epoca vittoriana, l’idea delle quattro (o più) dimensioni. Quest’idea stava diventando fondamentale nella scienza e nella matematica, e veniva invocata anche in discipline come la teologia e lo spiritualismo, perché una dimensione invisibile aggiuntiva era proprio il luogo adatto dove collocare Dio, gli spiriti o i fantasmi. Ciarlatani come il medium americano Henry Slade usavano dei trucchi di prestigio per rivendicare l’accesso alla quarta dimensione. I filosofi dell’iperspazio speculavano sul ruolo che ulteriori dimensioni potrebbero giocare nell’illuminare la condizione umana.
L’eredità matematico-letteraria di Abbott vive in una serie di spin-off di Flatland: Sphereland, di Dionys Burger, il racconto breve di Rudy Rucker Message Found in a Copy of Flatland e il suo saggioLa quarta dimensione, e anche The Planiverse di Alexander Keewatin Dewdney e la mia stessa Flatterland. Ma quel che Abbott stava davvero cercando di comunicare ai suoi lettori era più profondo. Così come un umile quadrato può trascendere il suo mondo piatto e aspirare alla terza dimensione, così le donne e le classi inferiori dell’Inghilterra vittoriana potrebbero trascendere i confini della loro società e aspirare a un piano superiore di esistenza. Ancora oggi, più di un secolo dopo, è un messaggio che non ha perso la sua importanza.
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