Barare negli scacchi è molto semplice, a volte bastano poche mosse suggerite da un computer. Perché farlo, e soprattutto come scoprirlo, ci insegna molto su questo gioco e sulla mente umana.
In copertina e nel testo: Lucia, Minerva ed Europa giocano a scacchi, di Sofonisba Anguissola
di Ivano Porpora
Mirror, mirror on the wall
Tell me, mirror, what is wrong?
Can it be my de la clothes
Or is it just my de la song?
De la Soul, Me myself and I, in 3 Feet High and Rising (1989).
Cosa faresti se avessi la possibilità di rubare senza che poi nessuno se ne accorga?
-->In Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, un film di Woody Allen del 2010, a Roy, scrittore afflitto dal mal di pagina bianca, viene affidato un manoscritto da un amico che va in coma irreversibile, con speranze praticamente nulle di farcela. Ma il manoscritto è molto, molto buono, e risolverebbe i problemi di Roy. Che fare?
Ciò che sta accadendo nel mondo degli scacchi ha più che un qualche legame con questo, e sta avendo un impatto tale dentro e fuori da quell’ambito che credo sia opportuno capirne l’importanza – anche se non sapete giocare a scacchi.
Riassumerò in poche parole eventi e personaggi principali in gioco.
Il campione del mondo, Magnus Carlsen, un grande maestro norvegese di 31 anni, si è presentato a inizio settembre alla Sinquefield Cup – evento con 350.000 $ di montepremi, di cui 87.500 $ per il vincitore – con un filotto di 53 partite consecutive senza perdere, e il desiderio mai celato di raggiungere i 2900 punti di punteggio Elo. Per darvi un ordine di idee, chi scrive, un discreto spingilegno, è poco sotto i 1900; un maestro viaggia sui 2300; un giocatore di livello mondiale sui 2700. È come se vi dicessi che l’obiettivo di Carlsen è di arrivare un po’ più in alto dell’Everest. Dopo aver letteralmente tritato il suo avversario al titolo mondiale, il fortissimo russo Ian Nepomniachtchi, Carlsen aveva dichiarato di non desiderare più concorrere per il titolo mondiale, ma di voler comunque continuare a giocare per giungere a quella soglia di punteggio mai toccata da nessuno; come a dire Tenetevi i giochi tra umani, io competo coi Celesti.
Alla terza partita del torneo, dopo aver ancora battuto Nepomniachtchi – che concorrerà di nuovo per il titolo – e aver pattato col fortissimo armeno Aronian, Carlsen si è seduto alla scacchiera dalla parte del Bianco con Hans Moke Niemann, grande maestro statunitense; e ha perso. Niemann con questa vittoria si è provvisoriamente installato in prima posizione, grazie alla patta al primo turno e una incredibile vittoria al secondo turno con il solidissimo grande maestro azero Mamedyarov; mentre Carlsen ha abbandonato il torneo. In seguito a questa sconfitta, infatti, passano poche ore che subito il campione del mondo rilascia un tweet dal contenuto sibillino, confermando le voci sul suo ritiro e aggiungendo a commento un video di Mourinho che all’intervistatore dice “Preferisco non parlare. Se parlo sono nei guai”.
Cominciano a girare insinuazioni su un possibile problema di cheating legato a Niemann – ossia: che avrebbe usato in qualche modo aiuti da qualche software. Le voci si allargano, i video su YouTube legati a partite sospette si sprecano, Carlsen incontra di nuovo Niemann – stavolta online – e abbandona dopo una mossa; e scoppia il patatrac.
Niemann rilascia un’intervista in cui assicura di non aver barato, ma di aver studiato duramente per due anni per arrivare a quei livelli; di non aver saputo analizzare mosse da lui giocate perché stanco; ammette di aver barato in passato, sì, ma solo due volte online, sempre in contesti in cui non c’era in palio del denaro, e da ragazzino, a dodici e sedici anni; e di essere disposto a giocare anche nudo per dimostrare la propria onestà.
Vi ricordo che stiamo parlando di scacchi; quel gioco che, quando a Karpov chiesero come avesse fatto a diventare campione del mondo, portò l’intervistatore in una stanza di casa sua; e gli mostrò, impilati, cinquecento chili di libri di scacchi su cui aveva studiato nel tempo.
Cinquecento chili.
A ventiquattro anni.
Chess.com, la più importante piattaforma di gioco scacchistico online, che ospita un profilo attivo di Niemann e su cui si riversa il pressing della comunità scacchistica, prima lo esclude da un torneo di grande rilevanza; poi rilascia un dossier di 70 pagine in cui dichiara che non solo avrebbe barato online in più di 100 partite online, di cui alcune delle quali più recenti di quanto dichiarato, alcune mentre era in streaming, e alcune con un montepremi in palio; ma sarebbe anche stato scoperto dai loro sistemi anticheating, e per non farsi cancellare l’account – da cui uno streamer di alto livello può davvero guadagnare forti somme – avrebbe ammesso, e promesso di non barare più. Dire della complessità dei sistemi anticheating non posso, perché sono sostanzialmente secretati; basti sapere che per quanto si sa si basano su periodicità delle mosse – se muovi con regolarità, senza cambiare tempo di pensiero a seconda della mossa, probabilmente stai barando –; su impostazioni di pensiero – se giochi seguendo un pattern di gioco diverso a quello di tutte le tue partite-impronta, probabilmente stai barando –; addirittura sul pensiero umano – se troppe mosse sono incomprensibili o strane rispetto alle normali modalità di pensiero umane, probabilmente stai barando.
Fatto sta che, se chess.com dice che probabilmente hai barato in più di cento occasioni, di fatto quel probabilmente è una cautela legale o poco più.
Niemann fa parte della nuova generazione di coloro che sono chiamati superGM – dove GM sta per Grande Maestro. “New in chess”, la rivista specializzata più diffusa al mondo, lo ha immortalato in copertina nel quarto numero del 2022; che è come dire che ormai, con un’escalation sorprendente e mai realizzata nella storia, è assurto a livelli di interesse mondiale.
Quando si parlava di doping, molti anni fa, si faceva riferimento a una sorta di sottobosco di farmaci che portavano con sé più rischi, di salute e legali, che possibilità; questo ha fatto sì che sul mondo del doping in genere cadesse una sorta di ghigliottina di amoralità, che – una volta “beccato” chi barava – lo precipitava in una zona buia in cui nemmeno le sue performance venivano ritenute di interesse, men che meno statistico. Ben Johnson a Seul ‘88 batté a braccia alzate Carl Lewis sui 100 metri piani col nuovo record del mondo, ma ora se lo ricordano solo coloro che lo videro, mentre per gli altri Johnson è caduto in una sorta di damnatio memoriae; così come mal ci ricordiamo delle cinesi di Ma Junren e del loro brodo di tartaruga, o delle atlete dell’Est, o ancora di tutto lo scandalo del doping sistemico russo che ha fatto sì che la squadra in sé non si potesse presentare alle ultime Olimpiadi.
Ma nel mondo degli scacchi questa cosa ha assurto significazioni completamente diverse. Fino a qualche anno fa barare era cosa complicata: facevano storia a sé i maestri trovati in bagno col cellulare – il GM lettone Rausis a Strasburgo nel 2019 –, o metà dell’équipe nazionale francese, allenatore compreso, scoperta a barare alle Olimpiadi degli Scacchi nel 2010 – pare che alcuni di loro cambiassero posto nel pubblico, e per un sistema di codifica organizzato il posto equivaleva a un pezzo o una posizione sulla scacchiera; cosicché bastava che il giocatore alzasse lo sguardo per capire cose tipo “Muovi il cavallo”, spesso sufficienti a un professionista per sfoltire la massa intricata di varianti da calcolare.
Oggi, con il battage mediatico seguito al successo de La regina degli scacchi e con le chiusure legate al lockdown, che paradossalmente hanno dato impulso e visibilità al mondo scacchistico, il gioco online è diventato via via più importante, gli streamer – tra cui Niemann – hanno cominciato a guadagnare bei soldi dalle dirette Twitch e dai video YouTube; si è imposto un modo completamente moderno di commentare, più vicino alle tecniche comunicative del gaming online che al solito, compassato ragionamento intorno alle varianti – basti cercare hans niemann rage per capire cosa intendo –; e il cheating online è diventato materia comune.
Barare, dicevo, viene chiamato doping informatico; ma non è doping come viene normalmente inteso. Soprattutto, è immediato e di sicuro successo. Ben Johnson i cento metri in dieci secondi li correva; un ragazzino incapace di giocare a scacchi, dirò di più, incapace di muovere i pezzi, può battere il campione del mondo – levando più di un sopracciglio, certo – o battere uno come me – e non se ne accorgerebbe nessuno. Basta giocare una normale partita su una qualsiasi delle piattaforme di gioco, e tenere aperta una finestra in cui le stesse mosse che si stanno giocando vengono commissionate al computer. Ricordate che Carlsen sta puntando ai 2900 punti Elo? Stockfish, un software di scacchi in free download, ha un punteggio Elo attuale di 3534; che vuol dire che su cento partite, probabilmente batterebbe Carlsen cento volte. Ha senso confrontare le loro performance? Nì, nel senso che sarebbe come dire che una Ferrari batterebbe un uomo a piedi cento volte: si basano su sistemi diversi, hanno complessità diverse, e se chiedi a Stockfish chi sia Ernaux al limite te ne può calcolare la forza; però a scacchi non ci sarebbe paragone.
Non solo. Gli studi sull’intelligenza artificiale stanno spingendo questo limite ancora oltre; AlphaZero, sviluppato da Google DeepMind, ha giocato un match di cento partite contro Stockfish vincendone 28, non perdendone nessuna e pattando tutte le altre.
Come giocare con Dio? Forse, come giocare con Dio.
A questo punto, tenuto conto del fatto che le aperture negli scacchi sono cosa abbastanza nota, un giocatore di medio livello come il sottoscritto, barando su un sette, otto mosse, potrebbe battere un grande maestro; barando su quattro, cinque potrebbe aver ragione di un maestro; e nelle sfide tra grandi maestri, un suggerimento su una, due mosse da parte di un software in una posizione critica può valere la differenza tra vittoria e sconfitta.
Se ti fai consigliare una, due mosse, non c’è software anticheating che tenga: puoi chiamarlo intuito, e se chiamato a commentare, dire che sei troppo stanco (come fa spesso Niemann), o che gli scacchi che hai giocato parlano da soli (come fa spesso Niemann).
Che ha dichiarato di poter giocare anche nudo. Ma ha senso questa obiezione? Non potrà mai esser fatto giocare nudo; al di là delle sciocchezze che si leggono su plug anali e cose del genere, bastano dispositivi non rilevabili allo scanner elettronico – bluetooth in plastica all’orecchio; o, come già successo, dispositivi non rilevabili al piede – per poter giocare con tranquillità.
Saltiamo la domanda che tutti si stanno ponendo: Niemann ha barato? Sì, online; non si sa, o non si sa ancora, alla scacchiera. Curioso che nel campionato americano attualmente in corso, come leggeremo in fondo all’articolo, siano stati presi piccoli accorgimenti per limitare il cheating, come trasmettere online le mosse in differita di trenta minuti, e che Niemann stia improvvisamente performando come un grande maestro di livello medio – qual era di fatto prima dei super exploit di cui parliamo. Ma al di là di Niemann, perché tutto questo ci riguarda? Perché attiene a un campo della morale su cui si gioca l’animo umano. In palestra, i nomi dei farmaci da prendere sono noti; ma procurarseli è già meno facile, porta nel campo dell’illegalità, ed è assimilabile ad assumere sostanze stupefacenti. Ma giocare una partita a scacchi con l’uso del computer ha la stessa rilevanza? Al di là del fatto che un montepremi di un torneo di alto livello può andare ben oltre i 100.000 $, è moralmente sbagliato barare, e qui ci siamo; ma la sua facilissima attingibilità, simile allo scaricare un album che vogliamo ascoltare, prelevare il pdf di un libro da un server russo o usare immagini fotografiche di cui non deteniamo il copyright, non ci avvicina forse a un campo che negli ultimi anni abbiamo conosciuto fin troppo bene – quello che potremmo definire attinente al guilty pleasure, il Sì, so che è sbagliato, ma…?
Susan Polgar, grande maestra americana, ha posto una domanda provocatoria su Twitter: detto che barare è sbagliato, secondo voi è peggio farlo alla scacchiera che non online? E la risposta, qui, è più rilevante per tutti: nel senso che per barare online, come detto, basta aprire una finestra, aprire uno qualsiasi dei motori attualmente a disposizione, e giocare la prima mossa che suggerisce; intendo: è immediato e di immediata tentazione; mentre per barare in presenza, che sia al torneo sociale della vostra città o a un torneo internazionale, bisogna prepararsi, organizzarsi, allestire una serie di azioni per barare e una serie di azioni per non essere scoperti – come usare dispositivi non verificabili, o recarsi in un luogo inaccessibile ad altri –; cioè, barare comportandosi da bari.
Quindi, eccoci al punto. Cosa muove alla truffa? Ben Johnson potrà comunque dire: Ho corso i 100 metri in 9”79, so cosa significa farlo, le mie gambe hanno raggiunto quella velocità, i miei piedi mi hanno donato quella spinta, dite quello che volete, io sotto i 10” ci sono arrivato.
Le atlete di Ma Junren, brodo di tartaruga a parte, potranno dire: Ho corso i 3000 metri piani in 8’06”, non ci è mai riuscito nessuno al mondo, la persona non allenata da lui più vicina nella storia è arrivata dodici secondi dopo, vale a dire: un’eternità; e comunque sia questo non me lo toglierà nessuno.
Ma Niemann potrà mai dire: Ho battuto il campione del mondo? È su questo campo che si sta giocando? O forse il punto è che la morale si è spostata, a causa – anche – dello slittamento morale che ha avuto il gioco in questi due anni di lockdown misto, e quindi vittoria e sconfitta si sono svuotate di significato, non diventando più importanti per se ma significative solo se reinquadrate nell’ottica del follow, dell’abbonamento, della overreaction per cui si tifa per un giocatore non capendo necessariamente cosa stia facendo?
Nietzsche diceva “Il successo non viene solo con la vittoria ma anche dal desiderio di vincere”. Questo può essere vero, ma solo se perdere diventa una possibilità. Sennò vincere non è un desiderio, ma l’unica opzione praticabile; e il successo non diventa più una realtà, ma una proiezione.
Parere di chi scrive queste righe non è che il cheating sia un male, ma che sia piuttosto un sintomo. Come già scritto altrove, la prima cosa che impari giocando a scacchi è che si perde. Se l’obiettivo è evitare la buca della sconfitta, allora tutto vale per la vittoria; tutto, compreso trasformarsi in centauri. Dove gli scacchi sono un gioco faustiano, nella ricerca continua del Supremo – là dove il Supremo viene impersonato dal legno, e il suo atto la mossa perfetta –, la tentazione mefistofelica di cedere all’attimo non diventa più godimento, per nessuno dei due giocatori; ma solo ottenimento senza desiderio.
Aggiungo una cosa. Fabiano Caruana, italoamericano ex numero due al mondo e attualmente uno dei più forti giocatori in circolazione, agli ultimi campionati USA – come ho detto attualmente in corso – ha giocato con Niemann, lo ha battuto, e poi, chiamato a commentare, ha dichiarato di non riuscire a farlo con lucidità essendo esausto. Il punto è che un conto è giocare contro un avversario che sai essere di livello inferiore, e sulle cui debolezze puoi contare; un conto giocare contro un avversario potenzialmente indecifrabile, poiché il suo gioco si può basare su quello di un software, e una cui mossa idealmente debole in realtà contempla una strategia vincente. Questo è ciò che porta il cheating in chi lavora sugli scacchi giorno dopo giorno.
A proposito. Niemann, in questi campionati, attualmente è penultimo.
Nienmann ha fatto causa per risarcimento di 300 milioni totali a Carlsen chess.com e Nakamura.
Le consiglio di aggiornare l’articolo.
Saluti
Buongiorno, Alberto.
Ogni articolo, in quanto tale, è datato.
Ho visto la richiesta danni di Niemann, ma ora – a meno che non ci siano incredibili stravolgimenti – mi pare che la situazione sia, semplicemente, da osservare.
Grazie
IP
Buongiorno,
mi faccia capire:
Se Niemann non commenta al termine della partita perché stanco (“e se chiamato a commentare, dire che sei troppo stanco (come fa spesso Niemann)”) lei sostiene implicitamente che lo faccia perché sta imbrogliando.
Se invece lo fa Caruana (“ha giocato con Niemann, lo ha battuto, e poi, chiamato a commentare, ha dichiarato di non riuscire a farlo con lucidità essendo esausto.) è perché ha giocato contro un macchina.
Affermazione quest’ultima ancora più strana visto che mi pare di capire che lei ritenga, come la gran parte delle persone dotate di buon senso, che gli accresciuti controlli al Campionato USA possano sostanzialmente escludere che lì Niemann abbia barato (e per questo, secondo lei, “Niemann stia improvvisamente performando come un grande maestro di livello medio”).
A tale proposito troverei infine doveroso un aggiornamento, a beneficio di coloro che leggono i suoi articoli ma che non si occupano abitualmente si scacchi, sul risultato e performance finale di Niemann al suddetto Campionato Americano (dove, ripeto, mi pare siamo d’accordo sul fatto che non abbia barato), visto che, oltretutto, questo è terminato 4 giorni prima della data di pubblicazione del suo articolo (che, ad onor del vero, io ho visto però solo ieri).
Cordiali saluti,
Paolo Violini
Buongiorno, signor Violini.
Il problema è che Niemann ha detto più di una volta che la partita giocata parlava da sé, e altre volte le sue analisi semplicemente non sono state congruenti con l’evidenza alla scacchiera; mentre sulla presenza di Caruana in fase di analisi non mi pare ci sia da dubitare granché.
Aggiungo che non ho detto che Caruana ha giocato contro una macchina. Ho detto che è estenuante giocare una partita a scacchi non sapendo se le mosse con cui hai a che fare, e le conseguenti analisi, siano appiedate o da centauro. Ed è diverso.
Sul torneo di Niemann, nel finale ha effettivamente overperformato. Ciò significa che non ha barato? Che ha barato prima, o che non lo ha fatto? Al momento mi pare ci siano certezze e supposizioni. Una delle certezze, tristemente, è che il gioco degli scacchi ne esce svilito. Questo credo sia il succo del mio intervento, al di là di Niemann.
Cordiali saluti
IP