Russell Foster ci svela la scienza degli orologi biologici e del sonno condividendo l’esperienza maturata in quarant’anni di carriera come specialista di questo settore, nonché gli studi che la comunità scientifica internazionale ha condotto sui ritmi circadiani.
IN COPERTINA: Sleeping Beauty, di Erte
Questo testo è un estratto da L’arte del sonno di Russell Foster, ringraziamo Aboca per la gentile concessione.
di Russell Foster
“Non esiste uno studio scientifico più vitale per noi
dello studio del nostro cervello.
L’intera visione dell’universo dipende da esso”.
Francis Crick
Nella mitologia greca, Hypnos è il dio del sonno. È figlio di Nyx (Notte) e di Erebus (Tenebre), e suo fratello gemello è Thanatos (Morte). Hypnos e Thanatos vivono nel mondo sotterraneo, l’Ade. Quindi, fin dall’antichità, il sonno è stato collegato all’oscurità, alla morte e all’inferno. Per associazione, il sonno non ha ricevuto un’approvazione entusiastica da parte degli antichi. E se facciamo un salto in avanti di oltre duemila anni, fino al XX secolo, le cose non migliorano molto. Si dice che il grande imprenditore Thomas Edison abbia affermato: “Il sonno è una criminale perdita di tempo e un’eredità di quando vivevamo nelle caverne”. Forse non sono state queste le sue parole esatte, ma Edison sarebbe stato certamente d’accordo con un altro americano, Edgar Allan Poe, che disse: “Il sonno, quelle piccole fette di morte, come le detesto”.
Il sonno, fin dai tempi più antichi, non è stato ben accolto. Di certo nei secoli più recenti è stato disprezzato, in parte perché il lavoro duro era considerato intrinsecamente virtuoso e degno di ricompensa. Il sonno ci impedisce di lavorare e quindi, per definizione, il sonno deve essere peccaminoso. Naturalmente, non tutti erano d’accordo con questa visione e, come è lecito attendersi, Oscar Wilde adottò un atteggiamento un po’ diverso, spiegando: “La vita è un incubo che impedisce di dormire”.
-->Purtroppo, le opinioni sul sonno di Edison, Poe e di molte altre persone che la pensavano allo stesso modo sono state accolte da chi ha preso decisioni di rilievo nel corso del XIX e XX secolo. Anche se gli atteggiamenti non sono così negativi come nel recente passato, oggi il sonno è ancora considerato un tipo di ‘malattia’ che necessita di una cura. È qualcosa che siamo costretti a tollerare, ma che preferiremmo non sopportare. Senza conoscere tutti i dati, abbiamo scatenato una guerra contro questa parte essenziale della nostra biologia. Un’azione così mal concepita ha portato a conseguenze spaventose per la nostra salute e il nostro benessere individuali, oltre a un grave danno economico per lo Stato.
All’interno del nostro cervello, la generazione del ciclo sonno/veglia giornaliero comporta una serie di interazioni molto complesse tra il rombencefalo, il mesencefalo, l’ipotalamo, il talamo, la corteccia cerebrale (Figura 2) e tutti i sistemi di neurotrasmettitori cerebrali (ad esempio, istamina, dopamina, noradrenalina, serotonina, acetilcolina, glutammato, orexina, GABA) e alcuni ormoni, nessuno dei quali è univoco nel processo che determina il sonno. Questi sistemi si combinano per capovolgere in modo rilevante gli stati di sonno/veglia, un po’ come un’altalena, che conduce verso il sonno o lo stato di coscienza. Ma il sonno non è uno stato ‘inattivo’, bensì una condizione di complessità e cambiamento.
Il ciclo del sonno REM e NREM
Per secoli si è supposto che durante il sonno il cervello fosse spento e che non accadesse nulla di particolare. Parte del motivo alla base di questa supposizione era che fino agli anni cinquanta non erano disponibili veri strumenti per osservare il cervello addormentato. In seguito, il sonno è stato studiato in modo routinario in laboratorio, posizionando degli elettrodi sul cuoio capelluto (bloccati da una gelatina che conduceva elettricità) e misurando il modello di attività elettrica, chiamato elettroencefalogramma (EEG). L’ho accennato nell’introduzione, ma voglio rammentarlo ancora: quando siamo svegli e durante le prime fasi del sonno, lo schema EEG è veloce (alta frequenza) e breve (bassa ampiezza). Si pensi allo schema che si ottiene facendo oscillare rapidamente una corda per saltare, tirata in direzioni opposte da due persone. All’inizio del sonno, e nella discesa progressiva verso un sonno a onde lente più profondo (SWS), le oscillazioni elettriche diventano più lente (bassa frequenza) e più grandi (alta ampiezza). In questo caso, la corda per saltare viene tenuta allentata e fatta oscillare delicatamente. Il sonno si muove progressivamente attraverso diverse fasi (1-3) fino al sonno profondo o sonno a onde lente (SWS), che viene anche chiamato ‘sonno delta’. Dal sonno profondo delta lo schema poi cambia, passando rapidamente dallo stadio 3 del sonno allo stadio 2 e poi all’1. Questa ‘inversione’ nell’attività delle onde cerebrali, dallo stadio 3 allo stadio 1, è poi seguita da un altro stato di sonno. In questo nuovo stato, l’EEG/le onde cerebrali sono molto simili all’andamento del cervello sveglio, con oscillazioni nell’attività elettrica ad alta frequenza e bassa ampiezza. Le palpebre sono chiuse, ma gli occhi si muovono rapidamente. La frequenza cardiaca e la pressione sanguigna aumentano e il corpo è effettivamente paralizzato dal collo in giù. Questo è chiamato, per ovvie ragioni, sonno con movimento oculare rapido, o sonno REM. Dopo diversi minuti di sonno REM si passa nuovamente al sonno non REM, o NREM. Poi si passa attraverso gli stadi 1-3 all’SWS e poi di nuovo al sonno REM. Questo ciclo di sonno NREM e REM dura circa 70-90 minuti (a seconda dell’età) e in una notte media possiamo sperimentare cinque di questi cicli di sonno NREM/REM, che non sono identici tra loro. Durante la prima parte della notte sperimentiamo più SWS (fase 3), mentre nella seconda parte abbiamo periodi più frequenti e più lunghi di sonno REM. Di solito ci svegliamo naturalmente dal sonno REM.
Sonno NREM, memoria e ansia
Il sonno NREM è stato collegato alla nostra capacità di formare ricordi e risolvere problemi. Questo è stato dimostrato in diversi modi. Un approccio è stato quello di stimolare il cervello a produrre più SWS mentre gli individui dormivano in un ambiente di laboratorio controllato. Lo si può fare utilizzando determinate frequenze sonore. La quantità aggiuntiva di onde lente SWS, durante il sonno, è stata collegata alla capacità di ricordare un maggior numero di fatti ed eventi vissuti nelle ore precedenti il sonno, appunto. Altri esperimenti hanno privato le persone della fase SWS, monitorando l’EEG dei soggetti addormentati, per poi svegliarli quando iniziavano a entrare nella fase SWS. La perdita di SWS riduce la capacità di formare ricordi. Anche gli scoppi di attività elettrica, chiamati ‘fusi del sonno’, nella fase NREM 2 sembrano essere importanti per la formazione dei ricordi. In questo caso sono stati utilizzati dei farmaci per ridurre o aumentare i fusi del sonno e ciò, a sua volta, ha diminuito o aumentato la formazione dei ricordi. Un’altra caratteristica del sonno NREM fase 2 è costituita da grandi eventi elettrici chiamati ‘complessi K’. Questi sembrano essere particolarmente utili per evitare che ci svegliamo, sollecitati da rumori esterni o altri eventi che accadono nell’ambiente. Dati recenti suggeriscono però che i complessi K possono anche essere coinvolti nell’aiutarci a generare ricordi. La maggior parte delle onde SWS si presenta durante la prima metà della notte, ed è possibile che ciò sia alla base del detto, spesso citato: “un’ora di sonno prima di mezzanotte vale due ore di sonno dopo mezzanotte”. Per quanto possa valere, credo comunque che questo sia solo un altro mito sul sonno. La mancanza di sonno è associata a un aumento dell’ansia e alcuni studi recenti hanno suggerito che la fase SWS durante il sonno NREM potrebbe essere importante per organizzare le reti cerebrali nella corteccia prefrontale (Figura 2), riducendo l’ansia. È interessante che nella schizofrenia ci sia una marcata diminuzione della fase SWS durante il sonno. Forse questo può essere un fattore che contribuisce all’aumento dell’ansia, frequentemente segnalata nelle persone con schizofrenia, e forse anche in altre condizioni di salute mentale compromessa.
Sonno REM, sogni e umore
Sogniamo sia nel sonno NREM sia nel REM, ma i sogni nel sonno REM tendono a essere più lunghi, nonché più intensi, complessi e bizzarri. Quando ci svegliamo naturalmente dal sonno REM possiamo ricordare per un breve periodo l’ultimo sogno che abbiamo fatto. I sogni sembrano verificarsi durante tutto il periodo REM, e la vecchia idea che i sogni si presentino in un lampo quando ci svegliamo è ora ritenuta non vera. I sogni sono molto variabili, ma di solito coinvolgono il sognatore e persone che gli sono familiari, come amici, parenti, o talvolta personaggi famosi. Per la maggior parte di noi, i sogni sono solitamente esperienze visive, e raramente sogniamo situazioni che coinvolgano il gusto o l’olfatto. Tuttavia, nelle persone cieche dalla nascita, i sogni sono dominati dal suono, dal tatto e dalle sensazioni emotive. I sogni sono spesso decisamente bizzarri, ma di solito attingono alle nostre esperienze a un livello piuttosto elementare. È importante notare che la perdita del sonno REM è associata a un aumento dell’ansia diurna, dell’irritabilità, dell’aggressività e delle allucinazioni, a sostegno dell’idea che i sogni e la fase REM possano essere importanti per l’elaborazione delle emozioni e lo sviluppo dei ricordi emotivi. In questo libro tornerò sul tema dei sogni più avanti, ma a questo punto è necessario dire che i sogni sono immensamente difficili da studiare. Non possono essere quantificati, sono del tutto soggettivi e, per loro stessa natura, sono autoriferiti. Non possiamo misurarli! Sigmund Freud riteneva che i sogni rappresentassero la realizzazione di un desiderio represso, e che lo studio dei sogni fornisse una pista per comprendere la mente inconscia. All’epoca di Freud, l’analisi dei sogni svolgeva un ruolo chiave nella psicoanalisi. Oggi l’importanza dei sogni nella psicoanalisi è stata fortemente ridimensionata. Il problema di base è che senza misure oggettive e affidabili, la comprensione dei sogni è solo un’attività speculativa. Di conseguenza, i sogni sono stati spesso asserviti agli interessi degli oscuri praticanti della pseudoscienza.
Alcuni fatti curiosi sul sonno REM
Molto stranamente e paradossalmente, la privazione del sonno REM in alcune persone con depressione (capitolo 10) può causare un miglioramento a breve termine della loro condizione. Ad esempio, la privazione del sonno REM per una notte intera migliora i sintomi depressivi nel 40-60% dei soggetti studiati. Tuttavia, dopo il recupero del sonno, la depressione si ripresenta. Quindi, a fini pratici, questo non è un trattamento da usare per la depressione, anche se potrebbe essere uno strumento utile per analizzare come il sonno e la depressione siano collegati nel cervello.
Un’altra caratteristica sorprendente della fase REM è che durante questo intervallo del sonno gli uomini sperimentano l’erezione del pene e le donne l’ingorgo clitorideo. Questi ‘eventi’ sono stati studiati in modo più approfondito negli uomini, presumibilmente perché il test biologico è più evidente. Le erezioni sembrano durare per la maggior parte dell’episodio REM, sia durante il sonno notturno sia se si dorme durante il giorno. Sono state registrate erezioni durante la fase REM in neonati maschi e persino in persone sottoposte a terapia intensiva. Si è anche ipotizzato che le pitture rupestri di Lascaux, nel sud della Francia (tutti dovrebbero averle nella ‘lista dei desideri’), raffigurino uomini addormentati con erezioni pronunciate. I rapporti sessuali prima del sonno non alterano l’entità dell’erezione e l’eccesso di alcol, che inibisce l’erezione da svegli, ha un effetto minimo su queste erezioni REM. Altri studi indicano che non vi è alcuna correlazione tra il contenuto sessuale di un sogno e il verificarsi di un’erezione REM. Non sappiamo perché si verifichino le erezioni legate alla fase REM; un indizio è che le erezioni contribuiscano alla salute del pene aumentando l’ossigeno in arrivo ai tessuti e ai muscoli, mantenendo l’organo ‘in forma’. È interessante notare che le erezioni REM sono state osservate in tutti i mammiferi studiati, a eccezione dell’armadillo a nove bande del Nord, Centro e Sud America. Questa osservazione dovrebbe dirci qualcosa a proposito delle erezioni REM? Un’altra caratteristica curiosa dell’armadillo a nove bande è che si tratta di uno dei pochissimi animali noti per essere portatori dei batteri che causano la lebbra e può trasmettere la malattia agli esseri umani. Quindi, se guidando capitasse di investirne uno – e questo mi dicono è un evento che accade comunemente in Texas– occorre fare attenzione a come si maneggia la carcassa dell’animale.
Ho accennato al fatto che durante il sonno REM sperimentiamo i nostri sogni più complessi e vividi. È durante questo periodo che, dal collo in giù, gli impulsi dal mesencefalo al midollo spinale causano la paralisi (chiamata anche ‘atonia’). Si ritiene che questo impedisca il manifestarsi dei sogni. Il sostegno a questa idea viene da una condizione nota come disturbo comportamentale del sonno REM (RBD), durante il quale non c’è quasi atonia. Ne parlerò più dettagliatamente in seguito, ma inizio a dire che l’RBD è un segno precoce del futuro sviluppo della malattia di Parkinson. Ad un’estremità della scala di gravità dell’RBD, l’individuo si limita a muovere le braccia e le gambe, però alcuni individui nel sonno possono anche parlare, gridare, urlare o persino diventare aggressivi. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, l’RBD diventa evidente quando si arreca danno al partner che dorme. Un caso famoso, e ampiamente riportato dai media del Regno Unito, ha coinvolto Brian Thomas, un marito “onesto e devoto” che ha strangolato e ucciso la moglie durante una vacanza. Nel suo sogno stava attaccando un intruso, ma in realtà, molto tristemente, si trattava di sua moglie. L’uomo ha ammesso che non aveva il controllo delle sue azioni e la giuria della Swansea Crown Court ha ordinato di assolvere Thomas. L’unica cosa che il signor Thomas ricordava del suo sogno era l’irruzione di un intruso.
Passaggio da coscienza a sonno
Le innumerevoli interazioni associate al passaggio da coscienza a sonno e al ciclo REM/NREM sono normalmente regolate da due fattori biologici chiave. In primo luogo, il sistema circadiano (impulso circadiano), influenzato dall’alba e dal tramonto (capitolo 3), ‘dice’ ai circuiti cerebrali quando è il momento migliore per dormire e svegliarsi. Questa pulsione circadiana agisce per ‘marcare temporalmente’ il ciclo sonno/veglia. Il secondo motore, e forse il regolatore più intuitivo del sonno, dipende dalla quantità di sonno di cui abbiamo bisogno ed è stato chiamato ‘pressione del sonno’ o ‘motore omeostatico’ del sonno. La pressione del sonno si accumula dal momento in cui ci svegliamo e aumenta nel corso della giornata, raggiungendo il livello più alto la sera, prima di dormire. L’accumulo di pressione del sonno durante il giorno è ‘contrastato’ da un impulso circadiano alla veglia. Ironicamente, il sistema circadiano produce la massima spinta alla veglia proprio prima di addormentarsi. Ci addormentiamo naturalmente quando la spinta circadiana alla veglia diminuisce e la pressione del sonno è alta. Durante il sonno, la pressione del sonno diminuisce e l’orologio circadiano ‘istruisce’ il cervello a rimanere nello stato di sonno, fornendo una spinta circadiana per il sonno. Ci svegliamo naturalmente quando la pressione del sonno è diminuita e il sistema circadiano istruisce il cervello che è ora di svegliarsi. A volte possiamo sentirci stanchi a metà pomeriggio. Spesso questo accade perché la pressione del sonno si accumula più velocemente dell’impulso circadiano alla veglia. L’impulso circadiano per la veglia non riesce a tenere il passo. Questo può accadere, ad esempio, dopo una notte di sonno breve o cattiva. In queste circostanze, ci svegliamo con un livello significativo di pressione del sonno. La nostra risposta è quella di voler fare un sonnellino pomeridiano. Un breve sonnellino allontana la pressione del sonno e ci fa sentire più vigili. La quantità di sonno a onde lente (SWS), o ‘sonno delta’, che si sperimenta è una misura diretta della pressione del sonno ed è proporzionale a quanto tempo si è stati svegli. Naturalmente, i fattori circadiani e omeostatici del sonno non agiscono da soli per determinare i tempi e la durata del sonno. Altri fattori, tra cui le esigenze di lavoro e del tempo libero, la nostra genetica, l’età e le conseguenze di malattie mentali e fisiche, oltre alle nostre risposte emotive e allo stress, si combinano per determinare il sonno di cui potremo beneficiare.
Perché il caffè tiene svegli
Si è supposto che l’accumulo di diverse sostanze chimiche nel cervello possa attivare la pressione del sonno. La prova più evidente è rappresentata da una molecola chiamata ‘adenosina’. Gli studi sugli animali hanno dimostrato che l’adenosina aumenta nel cervello durante la veglia, e il sonno può essere innescato esponendo il cervello all’adenosina. La caffeina contenuta nel tè e nel caffè è molto efficace nel mantenerci vigili e svegli, e agisce bloccando i meccanismi cerebrali (recettori dell’adenosina) che rilevano l’adenosina. La caffeina è un ‘antagonista’ dei recettori dell’adenosina, e impedisce al cervello di rilevare la stanchezza. L’uso per un periodo breve di bevande contenenti caffeina può essere utile per mantenerci svegli durante lunghi viaggi in autostrada, ma bisogna fare attenzione perché, quando gli effetti della caffeina svaniscono, possiamo avvertire un’ondata di stanchezza profonda e opprimente, che può farci addormentare al volante, in una sorta di ‘microsonno’.
Qual è il ruolo della melatonina?
La melatonina viene spesso definita in modo confondente ‘ormone del sonno’, ma questo è piuttosto fuorviante. La melatonina viene prodotta principalmente nella ghiandola pineale, una struttura situata al centro del nostro cervello (Figura 2) e considerata da René Descartes (1596-1650) come la sede anatomica dell’anima e della parte spirituale dell’essere umano. Un’ulteriore discussione sull’anima esula dallo scopo di questo libro, e quindi rimando per approfondimenti alla religione che ciascuno ha scelto di professare. La ghiandola pineale è regolata dal nucleo soprachiasmatico (SCN), mediante il sistema nervoso che agisce in autonomia, al fine di produrre uno schema di rilascio della melatonina, con livelli che aumentano al crepuscolo, raggiungono il picco nel sangue intorno alle 2-4 del mattino, e poi diminuiscono verso l’alba (Figura 1). Anche la luce intensa, rilevata dagli occhi, agisce per bloccare la produzione di melatonina. Di conseguenza, la melatonina agisce come un ‘indicatore biologico del buio’. Mentre negli animali attivi di giorno, come noi, la produzione di melatonina avviene di notte durante il sonno, negli animali notturni, come i ratti e i tassi, la melatonina viene prodotta anche di notte, quando questi animali sono attivi. Quindi la melatonina non può essere un ‘ormone del sonno’ universale. Ma cosa fa la melatonina in noi? Certamente, la tendenza a dormire negli esseri umani è strettamente correlata all’andamento della melatonina, ma potrebbe trattarsi di una correlazione e non costituire la causa.
Ci sono individui che non producono melatonina, in particolare i tetraplegici. Il rilascio di melatonina è regolato da un percorso neurale dal nucleo SCN alla ghiandola pineale, che passa nel collo attraverso il midollo spinale cervicale. L’interruzione di questo percorso neurale, come negli individui tetraplegici, blocca il rilascio di melatonina dalla pineale, e infatti i tetraplegici, dalle analisi, risultano soggetti con sonno insufficiente rispetto agli altri. Tuttavia, la scarsità di sonno nei tetraplegici risulta molto simile alla scarsità osservata negli individui paraplegici (con paralisi delle gambe e della parte inferiore del corpo) che in fase di controllo hanno mostrato livelli di melatonina nella media. Questi dati indicano che non era la mancanza di melatonina, ma qualche altro aspetto della tetraplegia a causare i problemi del sonno. La conclusione è ampiamente supportata da un piccolo studio nel corso del quale è stata somministrata melatonina a persone tetraplegiche. In alcuni individui il sonno ha mostrato un piccolo miglioramento, con una riduzione del tempo di addormentamento (latenza di insorgenza del sonno) e meno risvegli durante la notte, anche se, paradossalmente, la sonnolenza diurna è aumentata. Gli autori di questo studio hanno dichiarato che per confermare i risultati sarebbe necessario uno studio randomizzato, controllato con placebo, e su un campione più ampio.
Anche i beta-bloccanti, che vengono utilizzati per trattare una serie di problemi cardiaci e controllare la pressione arteriosa, mostrano una riduzione dell’80% della produzione di melatonina. Non solo abbassano la pressione, ma bloccano anche la segnalazione alla ghiandola pineale, con conseguente riduzione dei livelli notturni di melatonina. Nel corso di un altro studio è stato somministrato un supplemento di melatonina a persone trattate con beta-bloccanti. Dopo tre settimane, rispetto al gruppo di controllo placebo, il tempo totale di sonno è aumentato di 36 minuti e il tempo necessario per addormentarsi è stato ridotto di 14 minuti. Quindi c’è stato un effetto piccolo ma significativo. Studi ulteriori indicano anche che l’assunzione di melatonina può ridurre il tempo necessario per addormentarsi e aumentare il tempo totale trascorso dormendo. Tuttavia, utilizzando la melatonina sintetica, o farmaci che imitano gli effetti della melatonina, questi effetti sono modesti (vedi capitolo 14). Oltre all’azione della melatonina sul sonno, è anche possibile che l’aumento notturno della melatonina venga rilevato dal nucleo SCN e fornisca un ulteriore segnale modulatore per influenzare l’orologio primario, rafforzando i segnali di sincronizzazione della luce che passa dall’occhio e stabilizzando il ciclo sonno/veglia. Quindi, in sintesi, il parere comune, basato sui dati, è che la melatonina sembri avere una piccola azione diretta nell’agevolare il sonno e/o possa fornire un segnale ulteriore per comunicare al cervello che è notte; questo meccanismo viene usato per aumentare l’effetto prodotto dalla luce (capitolo 3).
Mi sono concentrato sul sonno negli esseri umani, ma non vorrei dare l’impressione che si debba avere un cervello grande e complesso per manifestare con evidenza gli stati di sonno e di coscienza. È sorprendente che uno stato simile al sonno sia stato osservato in tutti i vertebrati e gli invertebrati, compresi gli insetti, e persino i vermi nematodi. Un recente notevole studio condotto sul polpo, un mollusco imparentato con le lumache, ha dimostrato che questi sorprendenti animali hanno due diversi stati del sonno, che assomigliano agli stati di sonno NREM e REM dei vertebrati. Ma che dire degli animali privi di cervello e dotati solo di una rete nervosa, come i coralli, le idre e le meduse, raggruppati nel phylum dei Cnidari, detto anche celenterati. La prima domanda è: da quali elementi si riconosce il sonno in questi animali? Si è scoperto che ci sono alcuni criteri ben definiti per capirlo. Ad esempio, se si impedisce loro di essere inattivi/dormire (teoricamente aumentando la pressione del sonno), quando hanno l’opportunità di dormire, si mostrano maggiormente inattivi/assonnati? Quando sono inattivi/addormentati, mostrano una risposta ridotta agli stimoli ambientali, come il tatto o la luce? Ci sono prove di una regolazione per mezzo di un orologio circadiano o della pressione del sonno? E infine, i farmaci che inducono il sonno e che agiscono sui recettori dell’adenosina o dell’istamina alterano gli schemi di attività e inattività? Gli Cnidari studiati finora, come le cubomeduse (note per le loro terribili punture) e l’idra (animale che molti di noi hanno studiato a scuola), soddisfano tutti questi criteri e quindi, per definizione, dormono. Il punto che voglio sottolineare è che non c’è nemmeno bisogno di un cervello per dormire. Il che mi porta alla domanda successiva.
Perché noi e gli altri animali dormiamo?
Ho già menzionato alcuni aspetti importanti del sonno e ne parlerò in modo più dettagliato nei capitoli successivi. La domanda che, innanzitutto, voglio affrontare qui, è perché il sonno si sia evoluto. Negli esseri umani, ad esempio, circa il 36% dell’intera vita viene trascorso dormendo e, per dirla in modo semplice, mentre dormiamo non mangiamo, non beviamo e non trasmettiamo consapevolmente i nostri geni. Questo sta a indicare che il sonno ci fornisce qualcosa di profondo valore. Quando siamo privati del sonno, la pressione del sonno diventa così forte che può essere soddisfatta solo dal sonno. Di conseguenza, molti ricercatori hanno ipotizzato che ci debba essere un unico ruolo generale, una sorta di regia, per il sonno, incorporata nelle oscure profondità nella nostra biologia. Altri ipotizzano che il sonno non abbia alcun valore intrinseco, ma rappresenti un sottoprodotto di qualche altro elemento biologico, davvero adattivo, ancora da scoprire. Voglio affrontare questa questione con il mio punto di vista personale sull’argomento, e inizierò ponendo due domande.
Perché quasi tutte le forme di vita hanno sviluppato uno schema circadiano di 24 ore di attività e riposo?
La vita, nel suo complesso, mostra uno schema di attività e riposo di 24 ore, persino i batteri. Sembra molto probabile che questo ritmo si sia evoluto come risultato della vita su un pianeta che ruota su sé stesso, una volta ogni 24 ore, situazione dalla quale conseguono variazioni nella luce, nella temperatura e nella disponibilità del cibo, elementi che hanno plasmato una risposta evolutiva adattativa. Le specie diurne e notturne hanno sviluppato numerose specializzazioni che hanno permesso loro di funzionare in modo ottimale nelle diverse condizioni di luce o di buio, ma, purtroppo, non in entrambe. La vita sembra aver preso una ‘decisione’ evolutiva: essere in azione in una parte specifica del ciclo giorno/notte. Di conseguenza, le specie che si sono specializzate per essere attive durante il giorno non saranno particolarmente efficaci di notte. Allo stesso modo, gli animali notturni, prettamente predisposti a muoversi e a cacciare in condizioni di luce scarsa o assente, falliscono miseramente nelle loro imprese durante il giorno. La lotta per l’esistenza ha costretto le specie a diventare specialiste e non generaliste, e nessuna specie può operare con la stessa efficacia nell’ambiente luce/buio di 24 ore.
Quali sono i processi importanti che avvengono durante il sonno?
Dato che esiste un ritmo di attività e riposo di 24 ore, dobbiamo occuparci di ciò che accade durante lo stato di inattività fisica del sonno. In generale, il sonno può essere la sospensione della maggior parte dell’attività fisica, ma durante questo periodo si manifesta un comportamento fisiologico cruciale ed essenziale a tutti i livelli della nostra biologia. Ad esempio, molti processi cellulari differenti associati al ripristino e alla ricostruzione dei percorsi metabolici sono noti per essere regolati durante il sonno; le tossine che si accumulano come sottoprodotto dell’attività vengono elaborate e rese non dannose, pronte per essere eliminate durante il sonno; negli esseri umani e in altri animali capaci di apprendere, le informazioni ricevute durante il giorno vengono elaborate durante il sonno; vengono elaborati nuovi ricordi e persino nuove idee. In effetti, ‘dormirci sopra’ può davvero aiutare il cervello umano a trovare nuove soluzioni per problemi difficili. In breve, durante il sonno il corpo svolge un’ampia gamma di funzioni biologiche essenziali, senza le quali le prestazioni e la salute crollano rapidamente. Queste attività critiche sono richieste per la sopravvivenza e devono avvenire a un certo punto del ciclo giorno/notte. A mio avviso, l’evoluzione ha assegnato queste ‘attività biologiche chiave’ alla fascia più appropriata del ciclo sonno/veglia. Pertanto, se si dispone di un cervello complesso, il consolidamento della memoria avviene dopo l’attività, durante il sonno, quando il cervello non viene sommerso da nuove informazioni sensoriali e ha la capacità e l’energia disponibile per svolgere il compito in modo ottimale. Allo stesso modo, l’eliminazione delle tossine e la ricostruzione delle vie metaboliche devono avvenire dopo che le tossine si sono accumulate e l’energia è stata utilizzata. La compartimentazione e l’ordine di questi eventi nel tempo favoriscono un’incredibile efficienza. È un po’ come la linea di produzione di uno stabilimento industriale, dove gli oggetti fabbricati passano attraverso una sequenza prestabilita di operazioni meccaniche o manuali nell’ordine corretto e al momento giusto.
Con queste due domande in mente, mi avvicino alla mia definizione di sonno. Non si sa perché gli esseri umani dormano in media otto ore al giorno, o perché alcuni animali dormano per diciannove ore e altri solo per due ore, ma sicuramente questo fatto deve essere legato a una serie complessa di interazioni concorrenti. Per sopravvivere e prosperare, gli individui devono bilanciare le esigenze essenziali di procurarsi cibo e acqua a sufficienza e di generare e nutrire la prole, con i problemi di sopravvivenza fisica, come l’incontro con predatori o agenti patogeni. Una volta che, per qualsiasi specie, si è evoluto un modello stabile di riposo/attività, i processi biologici essenziali saranno incorporati in questa struttura temporale e in un momento appropriato. In breve, il sonno si è evoluto come risposta specifica della specie e del suo sviluppo a un contesto fatto di 24 ore, nel quale la luce, la temperatura e la disponibilità di cibo cambiano drasticamente. Quindi, da qui, la mia risposta alla domanda sul perché dormiamo:
Il sonno è un periodo di inattività fisica durante il quale l’individuo evita di muoversi in un ambiente al quale è poco adattato, e al contempo utilizza questo spazio temporale per svolgere una serie di attività biologiche essenziali che consentono di ottenere prestazioni ottimali durante l’attività.
Come ha commentato un collega di recente, dopo aver discusso la definizione: “il sonno è un po’ come il fine settimana: non ha una sola funzione. È un tempo che viene utilizzato per molte attività diverse”. Sono d’accordo, ciò rende il sonno una parte altamente flessibile della nostra biologia, che non può essere definita in modo semplice e unidimensionale. È un po’ come chiedere: “Perché siamo svegli?”.
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