Gli appunti di Therese #2

Gli appunti che seguono sono tratti dal manoscritto di una donna di nome Therese, che si è chiusa in una camera d’albergo per decidere se esiste dio. Dopo aver abbandonato albergo e manoscritto Therese è sparita; pubblichiamo alcuni dei suoi testi, leggermente rimaneggiati, nella speranza di ritrovarla.

> Qua sono disponibili le pagine pubblicate fino ad oggi.


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Anzitutto leggo molto. Per ora ho letto le Upanisad, la Bibbia, il Corano, i Vangeli, i Vangeli gnostici, il Daodejing, I Ching, Plotino, Cusano, Meister Eckhart, il Buddha, Aurobindo, Gurdjeff, Castaneda, quei testi indiani coi titoli lunghissimi, S. Teresa, S. Agostino, S. Anselmo, il Gulistan, Marco Aurelio, Spinoza, Il Sutra del Loto, lo Yoga sutra, Dionigi Pseudo-Areopagita, Ignazio di Loyola, Muhyi-d-Dîn ibn ‘Arabî, Abû Hâmid Muhammad al-Ghazâlî, il pellegrino russo, René Guénon, Francesco Colonna, Giordano Bruno, Marsilio Ficino, Platone, Vico, Heidegger, Jung, Freud, Ailester Crowley, Lovecraft, Herbert Silberer, Giamblico, Rudolf Otto, vari libri di neuroscienze e Salinger.
Medito anche molto, sebbene sia più facile a dirsi che a farsi. Per farlo ho studiato varie tecniche, evidenziato i punti in comune e le ho mescolate come preferivo. Anzitutto mi metto a mio agio; in molti sostengono la superiorità della posizione del loto, quella con le gambe incrociate, ma i motivi di questa eccellenza non mi convincono, senza contare che è scomoda.loto

Credo che l’importante sia il comfort (il fastidio mi distrae) non eccessivo (o mi addormento). Seduta con la schiena diritta è perfetto; niente testa appoggiata e occhi ben chiusi.
Secondo: il respiro. Mi concentro sul corpo, come nell’ipnosi: prima le dita, poi le mani, gli avambracci, le braccia, i piedi, i polpacci, le ginocchia, cosce, inguine, stomaco, viso, petto; tutto.1911_Britannica_-_Anatomy_-_Muscular

Più facile ancora, parto direttamente dall’inspirazione; tre respironi e via, non penso ad altro. Qualunque cosa monotona aiuta e non c’è nulla di più monotono di respirare.
Da questo momento in poi tutto ruota attorno a uno scopo: svuotare la mente. E per svuotarla devo imbrogliarla, saltare da un pensiero all’altro con un puntiglio militare, per aumentare e dilatare gli spazi senza pensiero. Quando ci riesco va alla grande: annullo l’ego, spengo i desideri, supero gli opposti, tocco l’apex mentis, straccio il velo di Maya, mi fondo nell’Uno— essenzialmente divento un sasso, perché anche i sassi sono illuminati, anzi soprattutto i sassi.

[Nota del curatore: Qua Therese ha disegnato un sasso]

Svuotare la mente comunque è difficilissimo, sebbene alcuni trucchetti aiutino; la maggior parte delle tecniche si basa sul ripetere una parola o una frase finché pensi solo a quella. Come facevo da piccola, “sasso sasso sasso sasso sassosassosassosassosassosassosassosassosasso” dopo un po’ la parola perde il significato, anzi, scopro che non lo ha mai avuto.

[Nota di Therese.: Penso che vada bene qualunque parola]

Il metodo è analogo, ma va fatto a lungo e mentalmente. Il problema è che arrivano dei pensieri a caso. La soluzione al problema è incaponirsi senza arrabbiarsi, ricominciare a ripetere la parolina dopo ogni distrazione; osservare i pensieri col massimo distacco, tipo: ora sto pensando quando fare la spesa, ora che sono incazzata, ora che vorrei fare una scopata, mi è venuto in mente un circo, un pallino blu, un gatto nero senza peli, come fa ad essere nero se non ha peli eccetera. Più si osservano dall’esterno meno infastidiscono col loro chiacchiericcio. C’è chi consiglia di concentrarsi su un punto tra le sopracciglia, il famoso terzo occhio, e in effetti funziona. Il primo segnale che sto andando bene è una sensazione proprio lì, sul (nel? dal?) terzo occhio; i mistici la tengono di gran conto, credo che sia dovuta al surriscaldarsi del lobo frontale, tant’è che si stura il naso come se il calore sciogliesse il muco.occhio

A questo punto sento il corpo staccato dalla mente, sono abbastanza in pace con il mondo e mi vengono in mente idee, visioni e frasi alla rinfusa. Ma sono ancora lontana dalla meta e la parte più difficile arriva adesso. Per raggiungere gli stati ulteriori, di cui l’elenco precedente non è che un assaggio, devo fare qualche salto in più, per poi abituarmi a saltare all’infinito. Mi spiego; una volta raggiunto bisogna distaccarsi dal distacco. È il vecchio trucchetto delle matriosche, o delle scatole cinesi: provo una sensazione/faccio un pensiero → mi osservo mentre provo una sensazione/faccio un pensiero → mi osservo mentre mi osservo mentre provo una sensazione/faccio un pensiero eccetera.tiziocheguardatizio

Anche questo è un gioco di prestigio: più mi allontano dal centro dell’io più questo tende a scomparire e se riesco a innescare questa sorta di “meta-saltello” all’infinito ho la sensazione di essere strappata via, di evaporare. È un sentimento che parte dalla nuca e lo accompagno con un movimento che movimento non è, somiglia a dividersi senza dolore, ma in qualche modo è possibile assecondarlo. Non la so spiegare meglio. E poi raggiungo l’assoluto, dio, e qua non si può dir nulla.
(Davvero? A dirla tutta no, penso che sia un’illusione più raffinata. Se percepisco dio così come percepisco un tavolo, dio mi convince come mi convince un tavolo: abbastanza ma non del tutto).

[N.d.T.: Cerca l’oltre di questo oltre]

2 comments on “Gli appunti di Therese #2

  1. Interessante, cercare il divino nel vuoto mentale, poi?

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