“Storia della Santa Russia” è un fumetto scritto e illustrato da Gustave Doré nel 1854. Attraverso tre tavole inedite dell’opera, Boris Battaglia ci parla della letteratura per immagini e delle sue difficoltà di traduzione.
In copertina: Un illustrazione di Gustave Doré
(Questo testo è tratto da Storia della Santa Russia di Gustave Doré. Ringraziamo Eris per la gentile concessione)
di Boris Battaglia
Spesso l’originale è infedele alla traduzione.
J.L. Borges, Le versioni Omeriche, in Discussione (Adelphi, 2002)
I primi testi a stampa erano ricchi di incisioni e di immagini. Come per le immagini nei manoscritti (basti pensare alla ricchezza grafica dei capolettera) la loro presenza non era solo una preoccupazione estetica. Leggere era un fatto complesso. Le immagini erano utilizzate con funzione segnica, si potrebbe dire ritmica, del procedere testuale, quasi a costituire le tappe del percorso di lettura.
Poi succede che, tra il XV e il XVI secolo all’immagine viene attribuito un compito didattico e diventa supporto per l’apprendimento. La subalternità propedeutica dell’immagine alla scrittura nella formazione del sapere le conferisce comunque una sua legittimità. Da qui il passo ad assumere autonomia è breve. Le figure si fanno conseguentemente carico di una sempre maggiore responsabilità narrativa; fino a influire sull’architettura del testo.
Così alla fine eccoci qua. Nel nostro tempo. Quello in cui J. Mc Gann può sostenere (riprendendo in qualche modo il pensiero di Greimas) che il testo non possiamo più, se mai è stato possibile, considerarlo solo nei termini del suo contenuto semantico ma come costruzione fisicamente strutturata. La forma grafica (dice Mc Gann) riflette il contenuto del testo.
Nel fumetto la forma grafica è addirittura il contenuto del testo. Per questo tradurre fumetti è un lavoro difficile, quasi impossibile. La Storia della Santa Russia di Gustave Doré si iscrive perfettamente, in quanto realizzato nel 1854, in questa categoria, ed è un fumetto (per favore nessuno usi quella insulsa definizione di protofumetto) che non avrei timore a definire, come fece Calvino alla sua prima lettura dei Fiori Blu di Queneau, intraducibile. Non tanto per i continui giochi di parole e le invenzioni linguistiche impossibili da rendere in italiano, né per il tessuto di allusioni storiche difficilmente comprensibili dal lettore contemporaneo se non attraverso un noiosissimo apparato critico. In questi casi un bravo traduttore che conosca bene la lingua in cui traduce riesce a ricostruire la disinvoltura lessicale e la storicità (senza ricorrere alla scorciatoia delle note a piè di pagina) della lingua da cui traduce.
Il problema, trattandosi di un fumetto, è un altro. Si tratta di ricreare per il lettore italiano i continui slittamenti tra la decodifica del disegno e l’inferenza esercitata sul testo scritto a cui è chiamato il lettore francese. Slittamento che crea quel cortocircuito da cui scaturisce la risata. Galb, di cui viene riproposta in questa nuova edizione la traduzione realizzata per quella di Comic Art del 1980, ci è riuscito magistralmente miscelando con maestria rispetto della struttura sintattica e necessarie variazioni lessicali.
-->
Dietro lo pseudonimo di Galb si celava Luciano Guidobaldi (1931-1989). Architetto, umorista (collaborò e diresse svariate riviste di satira come il Bertoldo e il Travaso), curatore di mostre su satira e umorismo e direttore artistico della Biennale Internazionale dell’Umorismo nell’Arte di Tolentino, ideatore e autore di trasmissioni radiofoniche seminali come Ma non è una cosa seria e Correva l’anno… e artefice della prima monografia su Attalo (Comic Art, 1979), Guidobaldi è stato anche autore di libri caratterizzati da una felice fusione tra ricerca iconografica, storia e costume come Rinomata Ditta Italia (De Fonseca, 1975), Ricercando Francesco (Jasillo, 1976) o, con Paolo Cresci, Partono i bastimenti (Mondadori, 1980). E se mai verrà scritta una storia delle traduzioni a fumetti, si può affermare con certezza che Galb vi occuperà un posto di assoluto rilievo non tanto per aver realizzato, sempre per i tipi di Comic Art, alla fine degli anni ’70, una traduzione di Popeye che tutt’oggi è di riferimento; né per le frizzanti traduzioni delle pichardiane Caroline Cholera (1978) e Blanche Ephiphanie (1979). Quanto proprio per la traduzione della Storia della Santa Russia, in cui, trovandosi nell’impossibilità di rispettare la lettera del testo se non eludendo i riferimenti grafici e letterari decifrabili dal lettore francese e banalizzando così l’opera, decide di tradire la lettera del testo per restare fedele a quella rete di riferimenti grafici e letterari sostituendoli con soluzioni decifrabili dal lettore italiano. Sacrificando l’aderenza letterale al testo per mantenere la ben più importante intensità comunicativa che in questo testo nasce dalla contrapposizione tra il testo e le immagini, Guidobaldi restituisce al lettore italiano tutto lo stupore e il divertimento che prova un lettore del testo originale (e in certa misura anche il fastidio che il lettore moderno non può non provare per il nazionalismo spinto di Doré). Il risultato ottenuto da Galb in questa difficile prova, oltre a essere un vero piacere per il lettore, costituisce a tutt’oggi un modello che chiunque aspiri a tradurre fumetti dovrebbe studiare e tenere sempre presente.
Quì ci sarebbe da raccontare l’incanto che provai la prima volta che un libro Illustrato dal Dorè,mi venne fra le mani -Il titolo neanche lo ricordo,ma lo stupore e l’ammirazione per tanta espressiva capacità ,tradotta in bellezza,quasi lo sento ancora.Leggere libri a quel modo ,era fare un viaggio,ricco ,complesso e terribilmente appagante.Sembrava di toccare angeli e cavalieri, dame dee o dee dame,non si capiva bene,proiettati in un’epoca sontuosa,immaginifica,di grande eleganza.Se ne percepiva la grandezza e tuttavia incuteva timore.
Quel che c’era sotto il libro,il Travaso,il Corrierino,forse anche il Mondo,pur godibilissimii,sapeva di polvere,di cose irrimediabilmente passate.