Il pericolo della guerra in Ucraina

I pericoli della guerra in Ucraina, cioè l’invasione del Paese voluta da Putin, sono diversi e hanno fatto entrare l’Europa, e il mondo intero, in una nuova congiuntura mondiale più grave. 


IN COPERTINA e nel testo La resa di Breda, di diego velazquez

Questo testo è un estratto da Di guerra in guerra di Edgar Morin, ringraziamo Raffaello Cortina Editore per la gentile concessione.


di Edgar Morin

 

L’Ucraina è una nazione che ha la stessa origine della Russia, ma che si è trovata storicamente smembrata fra la Polonia, l’Impero austriaco e la Russia zarista, che alla fine la integrò in gran parte. Essa ha mantenuto la propria lingua, affine al russo, e, come in altre nazioni asservite, nel diciannovesimo secolo alcuni intellettuali vi suscitarono una corrente indipendentista.

Durante i disordini e le guerre che seguirono la Rivoluzione d’ottobre, l’Ucraina, sotto la guida dell’anarchico Machno, proclamò la propria indipendenza, ma fu conquistata dai bolscevichi e incorporata nell’URSS.

L’URSS lasciò che esprimesse la sua lingua e il suo folklore, ma vi represse ogni velleità di autonomia. La ricca terra d’Ucraina fu la principale vittima della kolchozificazione forzata, della deportazione in massa dei kulaki e soprattutto della gigantesca carestia del 1931. Da qui, un enorme risentimento nei confronti della Russia, cosa che spiega gli applausi, filmati dai nazisti, di una parte degli abitanti di Kiev all’arrivo della Wehrmacht.

Ma la cosa più grave fu che il movimento indipendentista ucraino, esiliato in Germania, si era legato al potere nazista sotto la direzione di Bandera, e poi cooperò con la Wehrmacht nell’invasione dell’Ucraina e nella sua occupazione. Costituì un’amministrazione agli ordini dei nazisti e partecipò alle vessazioni perpetrate dall’occupante, compreso il massacro degli ebrei. Vasilij Grossman espresse il suo dolore quando, alla liberazione dell’Ucraina dai nazisti, apprese che sua madre era stata uccisa dagli ucraini. Come riporta Serge Klarsfeld, il motto dei nazionalisti ucraini di Bandera collaboratori dei nazisti, affisso per le strade di Kiev nel 1941, era: “I tuoi nemici sono la Russia, la Polonia e i giudei”. Nel 1941, sotto l’occupazione della Wehrmacht, Bandera proclamò anche una “Repubblica ucraina indipendente”. Ci furono coinvolgimenti militari di ucraini nella “Legione ucraina” che appoggiava le truppe di occupazione naziste; l’UPA (Armata insurrezionale ucraina) continuò dopo la guerra a combattere l’Armata Rossa, fino al proprio annientamento nel 1954. Bisogna però d’altra parte dire che migliaia di ucraini si arruolarono come partigiani contro l’occupante tedesco.

Così, si comprende come i volontari stranieri che nel 2022 si arruolano per l’Ucraina siano di due tipi: il primo animato dall’ideale democratico, il secondo dall’ideale fascista.

L’Ucraina è indipendente dal 1991, in seguito alla disgregazione dell’URSS; è una nazione estremamente ricca di terre cerealicole, di risorse minerarie e industriali. Dal XIX secolo, la Russia zarista la industrializzò; nel XX secolo, l’Unione Sovietica installò nel Donbass la sua industria pesante, le sue centrali nucleari e popolò questa regione di operai, di deportati, di ingegneri russi. L’Ucraina indipendente ha beneficiato di questa eredità russa e ha proseguito il suo sviluppo tecno-economico.

Se la Russia è l’aggressore evidente, mosso dalla volontà di appropriazione, e se il suo comportamento è devastante su persone, beni e edifici, gli Stati Uniti, dopo Maidan, ispirano la politica ucraina, sono presenti nella sua economia e forniscono un aiuto prezioso con il loro sistema di informazione e di intelligence.

Con la sua situazione geopolitica strategica vicina alla Russia e il suo patrimonio economico, l’Ucraina è una preda importante, tanto per la Russia putiniana che conserva il sogno di ricostituire l’Impero slavo, quanto per gli Stati Uniti che insedierebbero cosi la NATO alle frontiere occidentali della Russia. Di fatto, l’Ucraina è la posta in gioco di due volontà imperiali, l’una che vuole salvaguardare il proprio dominio sul mondo slavo e proteggersi da una nazione vicina sotto l’influenza degli Stati Uniti, l’altra che mira a integrare l’Ucraina nell’Occidente e a togliere alla Russia il titolo di superpotenza mondiale. Gli Stati Uniti, indebolendo permanentemente la Russia per interposta Ucraina, eliminerebbero uno degli ostacoli al mantenimento della propria egemonia planetaria (l’altro ostacolo è la Cina).

* * *

L’Ucraina indipendente si è molto evoluta. Si è urbanizzata e i costumi si sono occidentalizzati. Si è attenuato l’antigiudaismo popolare, forse a vantaggio dell’antirussismo.

Il nazionalsocialismo ucraino costituisce una minoranza. Il banderismo vi è certo esaltato, ma come indipendentismo nei confronti della Russia e non come ausiliario dell’occupazione tedesca.

Come in Russia, la denazionalizzazione generale dell’economia è andata a vantaggio di una casta di oligarchi, e ovunque si è diffusa la corruzione.

Dopo l’indipendenza, nel 2005 c’è stata un’alternanza di governi filorussi e filo-occidentali, con una Prima rivoluzione “arancione”, democratica e filo-occidentale; in seguito, in una successione di elezioni in vari modi truccate, l’Ucraina prese in considerazione un’associazione con l’Unione Europea, e poi nel 2013 vi rinunciò sotto la pressione russa.

Di fatto, dietro la successione dei presidenti russofili e occidentalofili, c’è un conflitto capitale che si gioca non solo fra democrazia occidentalizzata e dispotismo russo, ma anche fra imperialismo americano e imperialismo russo.

La rivoluzione democratica filo-occidentale di piazza Maidan, a Kiev nel 2014, rovescia il presidente filorusso Viktor Janukovič e rafforza la tendenza a liberarsi dalla tutela russa, ma scatena la secessione delle regioni russofone del Donbass e l’annessione della Crimea da parte della Russia. Gli accordi di Minsk del 2015 fra la Russia e l’Ucraina, sotto l’egida dei principali paesi occidentali, non riescono a mettere fine alla guerra che oppone l’esercito ucraino alle forze separatiste rifornite e sostenute dalla Russia. Gli accordi di Minsk non sono stati rispettati, né dall’Ucraina né dalla Russia, e la guerra è continuata sul fronte del Donbass, facendo 14.000 morti fino al 2022. Questa guerra ininterrotta è un vero ascesso, che è diventato purulento e ha diffuso la sua infezione.

Era dunque prevedibile – cosa che ho affermato in un articolo del 2014 – che tutto ciò avrebbe portato a una situazione esplosiva.

Il 20 settembre 2019, il candidato antipartiti Volodymyr Zelenskij, la cui ebraicità era nota, viene eletto presidente ucraino, non solo grazie alla sua popolarità di attore, ma soprattutto per la sua ostilità verso i partiti e il suo programma contro la corruzione.

Maidan fu un risveglio democratico, ma il banderismo vi fu esaltato. Lo ricorda anche Arno Klarsfeld:

Una delle prime misure della municipalità di Kiev dopo la rivoluzione del 2014 è stata quella di debattezzare il lungo viale che conduce al sito Babij Jar, denominato “Mosca”, per denominarlo “viale Bandera”, i cui fedeli hanno aiutato i nazisti nello sterminio di più di 30.000 ebrei, uomini, donne e bambini nel burrone di Babij Jar, il 29 e 30 settembre 1941, quando le truppe tedesche accompagnate dalle Einsatzgruppen sono entrate a Kiev.

 

Il tribunale amministrativo del distretto di Kiev aveva ordinato alla municipalità di annullare il cambiamento di nome di due strade principali in favore di Stepan Bandera e Roman Shukhevych, che a sua volta era un massacratore di ebrei, e del quale uno stadio porta il nome nella grande citta di Ternopil. Ma il sindaco di Kiev, Vitalij Klyčko, ha presentato appello contro la decisione e la corte d’appello gli ha dato ragione. Ancora due anni fa, durante un evento autorizzato, a Leopoli centinaia di uomini hanno sfilato nell’uniforme SS dei collaborazionisti ucraini. In questi ultimi anni, almeno tre municipalità ucraine hanno dedicato delle statue al vice di Bandera, Jaroslav Stec’ko, che durante la Shoah approvava lo “sterminio degli ebrei”.

 

Aggiungiamo che sussiste una minoranza attiva di nazionalsocialisti ucraini, fra i quali il comando del reggimento Azov, che si è distinto nella guerra civile del Donbass e poi nell’epica difesa di Azovstal’, a Mariupol’.

Il potere ucraino utilizza ogni mezzo e nella guerra si serve del sostegno anche di questi acerrimi nemici della Russia, ma non può essere identificato con essi.

Rimangono un’indulgenza verso il banderismo e soprattutto un’isteria ipernazionalista antirussa che ha portato a proibire la lingua, la letteratura, la musica russe (l’odio della cultura dei popoli nemici è stato uno dei tratti anche dell’isteria di guerra della Germania).

L’Ucraina è una preda geopolitica ed economica fra due titani, date le sue considerevoli ricchezze, soprattutto industriali e minerarie nel Donbass, ed energetiche nelle gigantesche centrali nucleari costruite dall’Unione Sovietica.

L’Ucraina si è riarmata dopo il 2014; ha beneficiato dell’aiuto tecnico e informatico degli Stati Uniti, ma anche di armamenti e di addestramenti. C’è quindi la crescente influenza degli Stati Uniti sull’Ucraina, non solo come fornitori di sussidi e di armi, ma anche come controllori dei servizi di informazione e di intelligence, una presa di possesso economico, soprattutto su una parte delle fertili terre nere. Il controllo americano si accresce con l’aiuto economico e militare, che rende l’Ucraina sempre più dipendente dalla potenza che sostiene la sua indipendenza.

Si può supporre che sotto l’influsso americano, il cui scopo dichiarato è di “indebolire permanentemente la Russia”, il presidente Zelenskij, che in un primo tempo riconosceva che la sola soluzione al conflitto fosse diplomatica, divenga sempre più intransigente e veda come sola soluzione “la vittoria”.

Considerata la complessità del contesto, è evidente che l’Ucraina deve essere sostenuta nella sua indipendenza e nella sua sovranità nazionale.

L’Ucraina si è rinforzata, mentre Putin l’ha creduta divisa e indebolita con alla testa un attore divenuto presidente; ha creduto che la sua composizione etnicamente duale ne facesse un’entità fragile. Sapeva anche che gli Stati Uniti, ritiratisi dall’Afghanistan, non potevano prendere in considerazione una nuova avventura militare lontana; e, ancor più, il presidente Biden dichiarò ufficialmente che in caso di guerra gli Stati Uniti non sarebbero intervenuti in Ucraina. Questa dichiarazione ha senza dubbio contribuito a far prendere a Putin la decisione di invadere l’Ucraina. Ci si può domandare se Biden ne fosse consapevole nel momento della sua dichiarazione.

Insomma: se la Russia putiniana è l’autrice di questa guerra, lo è al termine di un processo di radicalizzazione reciproca; Putin ha visto che le nazioni dell’Unione Europea erano divise e le ha credute indebolite dai loro costumi “femminilizzati”, disprezzati dal suo virilismo. Così, dopo avere nel 2014 annesso la Crimea, penisola tatara russificata, e armate dopo il 2014 le “Repubbliche” secessioniste dell’Ucraina orientale, nel 2022 ha lanciato la sua offensiva, sicuro di poter decapitare il potere esecutivo dell’Ucraina e di ottenere la resa delle sue armate.

L’invasione dell’Ucraina, con la sua estrema brutalità, ha seminato il timore di un’egemonia russa sull’Europa del Nord, ha incitato i paesi baltici e la Svezia a entrare nella NATO, ha indotto Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, a un sostegno integrale delle richieste del presidente Zelenskij, ha suscitato l’aiuto economico e militare delle nazioni europee, totalmente allineate sul sostegno incondizionato al presidente ucraino, e ha provocato l’adozione di sanzioni contro la Russia.

 

La guerra

Ci sono tre guerre in una: la continuazione della guerra interna fra potere ucraino e provincia separatista, la guerra russo-ucraina e una guerra politico-economica internazionalizzata antirussa dell’Occidente animata dagli Stati Uniti.

Per una volta, il prevedibile si è realizzato: dal 2014, ero fra coloro che vedevano annunciarsi una catastrofe; dalla fine del 2019, i servizi di intelligence americani avevano segnalato che le concentrazioni di truppe alla frontiera ucraina annunciavano un’offensiva. Poi l’andamento di questa guerra fu per Putin imprevedibile, e per tutti sono ancora imprevedibili i suoi sviluppi interni e internazionali, salvo l’enorme pericolo che fanno temere.

Invece di innescare un processo disintegratore, l’invasione russa ha suscitato un processo integratore nella resistenza all’invasore. Come spesso accade nella storia, il nemico fortifica l’identità di una nazione. L’odio per il nemico e un cemento di unità nazionale. Grazie all’invasione, l’unità ucraina è ormai cementata dal patriottismo; invece di accentuare le divisioni dell’Occidente, l’invasione russa le ha temporaneamente cancellate. Invece di fare un’operazione militare localizzata, ha scatenato una guerra economico-politica internazionale.

È senza soluzione di continuità che il conflitto russo-ucraino è diventato apertamente un conflitto fra Russia e Occidente.

* * *

È evidente che Putin ha pensato di decapitare l’Ucraina lanciando la sua offensiva sulla capitale, o per installarvi un governo fantoccio, o per annetterla. Se avesse, secondo la tesi russa, neutralizzato la preparazione di un attacco ucraino sulla regione separatista, si sarebbe limitato a dispiegarvi le sue forze. Ora è evidente che il suo scopo iniziale era di conquistare e annettere l’Ucraina colpendo la sua testa, Kiev. Ma è non meno evidente che in seguito al suo fallimento ha ripiegato sul Donbass e sul Sud marittimo, impadronendosi facilmente di Cherson, rudemente di Mykolaiv, e mirando a Odessa. Ma è sopravvenuto l’imprevisto, con le controffensive ucraine che liberano la regione di Charkiv, che riprendono alcuni territori sul fronte del Donbass, che liberano Cherson.

La situazione è incerta, ma è improbabile che la Russia possa occupare tutta l’Ucraina o che l’Ucraina possa invadere la Russia.

Non possiamo valutare in quale misura le sanzioni colpiscano l’economia e la vita russe. Possono paralizzare alcune attività e stimolarne altre. In ogni caso, hanno un rovescio della medaglia, privando di gas o di petrolio i sanzionatori e obbligandoli a restrizioni economiche. Di fatto, le sanzioni si ritorcono parzialmente, ma duramente, contro i sanzionatori, e totalmente contro l’Africa e contro i paesi poveri, che dipendono nello stesso tempo dall’Est e dall’Ovest.

Nel momento in cui scrivo (inizio novembre 2022), non si può sapere se prima e anche durante l’inverno si svolgeranno grandi operazioni militari; non si può sapere in quale misura l’entrata in guerra del contingente russo mobilitato rinforzerà l’esercito russo, né in quale misura l’arrivo di armi occidentali sempre più sofisticate rafforzerà l’esercito ucraino.

Constatiamo con sempre maggiore inquietudine la continuazione dell’escalation: le fuoriuscite del gasdotto Nord Stream, difficilmente imputabili ai russi, l’attacco con droni alla flotta russa a Sebastopoli, le rappresaglie russe con la distruzione delle infrastrutture energetiche, la strana esplosione in una città polacca di frontiera, la crescente violenza verbale, la crescente criminalizzazione del nemico, la crescente isteria di guerra.

L’intensificazione della guerra internazionale all’interno dell’Ucraina farà irruzione al di fuori delle frontiere del paese, deborderà in Europa e deborderà anche al di là dall’Europa?

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Il pericolo nucleare può essere valutato in vari modi, giudicato anche minimo, ma non può essere escluso. Di fatto, siamo entrati in una congiuntura mondiale più grave.

Si è aperta una nuova crisi mondiale, che comporta il blocco delle materie prime e dei prodotti cerealicoli, la crescente rarefazione di prodotti di ogni sorta, compresi quelli alimentari, l’inflazione, e che favorisce ovunque la crisi delle democrazie e la generalizzazione di regimi neoautoritari e di società rigidamente gerarchiche.

Si sono ristrette l’area e l’era del dominio americano e più in generale occidentale. La Russia e la Cina fanno blocco nei confronti degli Stati Uniti. L’Asia, l’Africa, l’America latina restano in una prudente neutralità.


Edgar Morin, filosofo e sociologo francese, è una delle figure più prestigiose della cultura contemporanea. ha pubblicato, tra gli altri, l’edizione di Il metodo in 6 volumi, La testa ben fatta (2000), I sette saperi necessari all’educazione del futuro (2001), Insegnare a vivere (2015), Sette lezioni sul pensiero globale (2016), Conoscenza, ignoranza, mistero (2018), Maggio 68. La breccia (2018), Sull’estetica (2019), Cambiamo strada (2020), I ricordi mi vengono incontro (2020), Sul cinema (2021) e Di guerra in guerra (2023).

1 comment on “Il pericolo della guerra in Ucraina

  1. Luigi Broggi

    C’è abbastanza per dire che manca la voce dell’Europa, utile a sé stessa e al mondo. La nostra storia è diversa da quella americana, non contro, non è più tempo di qui o di là, ma di porre sul tavolo i problemi e di cercare di dare una risposta in una mutua sicurezza.

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