Il Provocatore

Per il nostro agosto narrativo, qui a L’indiscreto, vi proponiamo un racconto inedito del grande scrittore cileno.


IN COPERTINA, Un’Opera di Francesco D’Isa

di Roberto Bolaño

Traduzione di Dario Valentini

Fu nel 2003, durante le manifestazioni europee contro la guerra in Iraq, che il poeta Ponç Altés mostrò alcune delle sue creazioni. Si trattava, come l’artista stesso ammise, di bozzetti, schizzi o di studi privati, ideati in una stanza buia e sconosciuta. 

Di Vallirana si può dire ben poco: era giovane, aveva solo ventun anni, non lavorava, la sua famiglia era modesta (ma premurosa, di fatto lo manteneva), i suoi gusti letterari erano ancora in fase di formazione, sebbene avesse già letto tutto Jarry, che era il suo autore preferito e la cui brillantezza non si smorzò con il passare dei giorni. Sul carattere di Vallirana in quel momento specifico, ci sono versioni per tutti i gusti. In generale, si poteva dire che fosse un giovane un po’ riservato (non eccessivamente) e un po’ timido (ma non eccessivamente). Credeva solo nell’arte e nella scienza. L’unione dell’arte e della scienza per lui era il vero lavoro. In questo senso, si potrebbe dire che era profondamente Catalano. Dio e il caso erano l’arte. L’eternità e i labirinti erano la scienza. Quando iniziarono le manifestazioni contro la guerra in Iraq, passò tre giorni chiuso nella sua stanza, come quei giovani giapponesi che si rinchiudono nelle loro minuscole camerette a casa dei genitori e non escono mai più, né per cercare lavoro né per far compere né per andare al cinema né per farsi una passeggiata al parco. 

Vallirana, che aveva una stanza piuttosto grande (era figlio unico, non abitava a Tokyo ma in un quartiere di El Masnou), ci si rinchiuse solo per tre giorni, che trascorse quasi senza dormire, incollato alla tv (ne aveva una ai piedi del letto), seguendo le manifestazioni e pensando. 

Passati i tre giorni, salì sul tetto e si costruì un piccolo cartello. Lo striscione diceva: “NO ALLA GUERRA – VIVA SADAM HUSEIN”.

Lo scrisse a lettere latine, che non facevano per nulla un brutto effetto, su un pezzo di cartone, non troppo grande, fissato ad una stecca di legno di un metro e mezzo. Su entrambi i lati dello striscione, in uno sfogo malizioso, aveva disegnato dei fiorellini che sembravano più che altro dei quadrifogli. Il giorno successivo prese il treno per Barcellona e partecipò a una manifestazione contro la guerra che si svolgeva a Hospitalet ed ebbe scarso seguito, ma di notte la gente si raccolse in Piazza Sant Jaume a battere sulle pentole e anche lì Vallirana si presentò con il suo cartello. Nessuno gli disse niente a Hospitalet. Nessuno gli disse niente in Piazza Sant Jaume, dove Vallirana, provvisto di fischietto da arbitro di calcio, contribuì al casino. Quella notte perse l’ultimo treno per El Masnou e rimase a dormire coi senzatetto, su una panchina della metropolitana. Il giorno dopo partecipò ad una marcia di studenti dell’Università Autonoma, che percorrevano il tratto tra l’università e Sarrià, cantando slogan contro la guerra e anti-americani, bloccando il traffico in numerose occasioni. Mentre attraversavano una rotonda gli si avvicinò una ragazza che studiava giornalismo, e gli disse che anche lei era contraria alla guerra, ma ciò non significava che fosse a favore di Saddam Hussein. La ragazza si chiamava Dolors e Vallirana le disse che lui si chiamava Henri de Montherlant. Quando la protesta finì, andarono a prendere un caffè in Piazza Sarrià e decisero di incontrarsi il giorno successivo, durante la grande manifestazione che avrebbe percorso la Rambla de Catalunya fino a Piazza Catalunya. Quel giorno tornò a El Masnou, dove si fece la doccia e si cambiò i vestiti, con il vago sospetto di essersi preso le pulci la notte precedente. In effetti tutto il suo corpo era pieno di piccole punture rosso intenso. Prima di addormentarsi Vallirana prese molti appunti. Si fece domande. Non cadde nella soluzione facile di non darsi alcuna risposta. Quando finì di scrivere, salì sul tetto e fece un altro striscione. Questo diceva: “NO ALLA GUERRA – VIVA IL POPOLO IRACHENO – MORTE AGLI EBREI”. La prima frase, no alla guerra, era grande, la seconda era un po’ più piccola e la terza era ancora più piccola. I caratteri usati avevano curvature e sinuosità che evocavano vagamente la scrittura araba. Una scrittura araba fumettosa. Su entrambi i lati dello stendardo disegnò simboli pacifisti. Quando ebbe finito si disse: adesso vediamo cosa succede. Poi mangiò un panino con Jamón Serrano e pomodoro, si chiuse nella sua stanza e si masturbò pensando a Dolors, fino ad addormentarsi, con la TV accesa e il volume basso, per non disturbare i genitori. Il giorno seguente prese il primo treno del mattino. Nel suo vagone c’erano operai e studenti, ma soprattutto impiegati che andavano a  lavoro, gli uomini in cravatta, e le donne in abiti decorosi e brutti. Tuttavia di tanto in tanto vedeva qualcuno che indossava qualcosa di più stiloso e che non sembrava totalmente rassegnato e sconfitto. Questi individui sembravano affidare tutto al sesso, alla seduzione, all’attrarre e all’essere attratti, il che non era granché, pensò Vallirana, ma almeno era qualcosa. Gli altri avevano un aspetto assai più pietoso: donne con gli occhiali, con troppo grasso su fianchi e cosce, ragazzi che spogliati in una camera da letto potevano solo far spavento. Quanto agli operai, facilmente riconoscibili dalle loro tute blu o gialle e dai cestini per il pranzo e panini avvolti in carta argentata, parevano ignari di tutto e in larga misura, non lo sembravano e basta, ma lo erano proprio, poiché la maggior parte erano immigrati magrebini o neri o sudamericani cui non importava un bel niente di quello che combinavano gli spagnoli. 

Gli studenti sonnecchiavano o ripassavano i loro appunti. Quando il treno entrò nei tunnel di Barcellona, ​​prima di arrivare alla stazione dell’Arco di  Trionfo, Vallirana  gridò: “No alla guerra!”. 

L’urlo sembrò svegliare alcuni e spaventare altri, ma dopo un istante di sorpresa, quasi tutto il vagone rispose a gran voce: “No alla guerra”.


Dario Valentini (1993) ha pubblicato racconti per L’Indiscreto, Minima&Moralia, Sugarpulp, Nazione Indiana ed altre riviste letterarie.

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