La storia dell’arte cinese in 100 oggetti

In questi articoli Francesco Morena ci parlerà, attraverso cento oggetti, della storia dell’arte cinese, affiancando alla storia dell’oggetto un racconto mitologico a esso riferito. Si inizia con lo strano Taotie.

1. – Cong in giada Liangzhu con maschere taotie.

Questo oggetto ha più di quattromila anni. È stato ritrovato in una tomba nei pressi di Hangzhou, la principale città della provincia dello Zhejiang, non lontana da Shanghai, nel territorio che ospita l’enorme delta del Fiume Azzurro, lo Yangtze. È forse l’espressione artistica più alta della cultura Liangzhu che fiorì in quei luoghi durante l’ultima fase del Neolitico cinese. Una civiltà già raffinata, con un’organizzazione sociale ben definita e usi rituali sofisticati, che ha prodotto manufatti di grande importanza per la cultura cinese successiva.
Questo pezzo è uno dei più noti tra quelli ritrovati nelle sepolture Liangzhu. Alto solo pochi centimetri, è intagliato in un unico blocco di giada, una tra le pietre più dure esistenti. Fa parte di una tipologia di oggetti denominati cong, caratterizzati per forme peculiari: sono parallelepipedi all’interno dei quali, per tutta l’altezza, è presente un incavo cilindrico; sull’esterno si susseguono per orizzontale delle nette scanalature. Se è certo che fossero usati a scopi rituali, non è chiaro che specifica funzione avessero. Il cong di Lianzhu mostra una bellissima decorazione sull’esterno, disposta sugli angoli del parallelepipedo. Le linee delle incisioni formano l’immagine di un volto stilizzato, una specie di maschera, con poco di umano e molto di alieno, fantastico e sovrannaturale. È una delle più antiche rappresentazioni di un’iconografia che avrà molto successo per i due millenni a venire; nota come taotie, il suo significato non è ben chiaro, ma qualunque forma esprima continua a sfuggire alla modernità.

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Una storia del Taotie, di J.L. Borges, dal “Manuale di zoologia fantastica”.

I poeti e la mitologia lo ignorano; ma tutti qualche volta l’abbiamo scoperto, nello spigolo di un capitello o al centro di un fregio, e abbiamo provato un leggerissimo disgusto. Il cane che custodiva le greggi del trimorfo Gerione aveva due teste e un corpo, e felicemente Ercole l’uccise; il t’ao-t’ieh inverte questo procedimento ed è più orribile, perché la smisurata testa proietta un corpo a destra e un altro a sinistra. Di solito ha sei zampe, perché quelle anteriori servono per i due corpi. La faccia può essere di drago, di tigre o di persona; «maschera d’orco» la chiamano gli storici dell’arte. È un mostro formale, ispirato dal demonio della simmetria a scultori, vasai e ceramisti. Millequattrocento anni prima dell’era nostra, sotto la dinastia Shang, già figura in bronzi rituali.

T’ao-t’ieh vuol dire ghiottone. I cinesi lo dipingono sulle stoviglie per insegnare la frugalità.

di Francesco Morena