Le donne nei Tantra

Qual è il ruolo della figura femminile nella teoria tantrica?


IN COPERTINA e lungo il testo opere di cherubino alberti e anonimo, all’asta da casa d’aste pananti.

Questo testo è tratto da Illuminazione appassionata di Miranda Shaw. Ringraziamo Venexia editrice per la gentile concessione.


di Miranda Shaw

I Buddha ordinano che tu serva
una deliziosa donna che ti sosterrà.
Folle è l’uomo che viola questo comando
non otterrà l’illuminazione
-Candamahārosana Tantra

 

Le vite religiose delle donne si svolgono all’interno di una matrice di credenze sulle loro capacità e sulla natura e il valore della femminilità. Poiché opinioni e atteggiamenti modellano la percezione che le donne hanno di sé, così come il contenuto simbolico e l’interpretazione delle loro pratiche religiose, essi hanno la stessa importanza degli oggetti materiali che le donne impugnano o delle azioni che compiono. Le opinioni sulle donne sono facilmente rinvenibili nella letteratura tantrica, in particolare nelle opere biografiche e nei testi dello yoginī-tantra, manifestandosi sotto forma di dottrine enunciate esplicitamente, clausole per le praticanti, classificazioni, racconti e descrizioni delle loro interazioni con gli uomini. I testi tantrici esprimono chiaramente un’interpretazione metafisica profonda ed elogiativa dell’incarnazione femminile, descrivendo donne potenti e spiritualmente indipendenti, che ispirano timore reverenziale e dipendenza ed esigono rispetto e obbedienza. In linea con queste descrizioni, i testi tantrici sono eccezionalmente privi di quel biasimo nei confronti della donna che offusca così tanta letteratura religiosa. Non ci sono dichiarazioni di inferiorità o di incompetenza religiosa, spicca l’assenza di descrizioni di donne oppresse o remissive, nonché di relazioni in cui erano abusate o sfruttate. I testi non cercano di legittimare o giustificare l’autorità o la superiorità maschili, né suggeriscono che le donne non dovrebbero praticare, insegnare o assumere ruoli di leadership nei circoli tantrici.

Dal momento che una simile visione della donna è affermata in modo piuttosto esplicito nella letteratura tantrica, la disattenzione degli studiosi non può essere attribuita a un problema di incomprensibilità dei testi. I giudizi positivi sulle donne non sono stati prontamente percepiti o accettati perché sfidano le aspettative della maggior parte degli interpreti occidentali circa le relazioni di genere. Studiosi indiani, insegnanti tantrici e iniziati occidentali come Sir John Woodroffe e Lilian Silburn, riconoscono la levatura delle donne nel tantra, ma questa caratteristica irriducibile della classica visione tantrica del mondo è sfuggita alla maggior parte degli interpreti accademici, in particolare a quei buddhistologi che cercavano di inserirla all’interno di un quadro di riferimento rigorosamente buddhista, approccio che tralascia ogni riconoscimento dell’orientamento śāktico di questo movimento.

In assenza di atteggiamenti esplicitamente negativi o di condanne misogine, gli studiosi hanno considerato la visibile enfasi posta sulle donne come una prova del fatto che i testi tantrici esprimono solamente interessi e punti di vista maschili: 

 

Chiaramente tutti questi testi tantrici … sono stati redatti principalmente a beneficio dei praticanti di genere maschile … . Per questo, nonostante gli elogi delle donne nei tantra e il loro elevato status simbolico, l’intero complesso della teoria e della pratica è fornito nell’interesse degli uomini.

Dobbiamo … riconoscere un ostinato punto di vista androcentrico persino nell’elaborazione di questo ideale femminile. … Ogni valorizzazione del femminile avviene principalmente a vantaggio del praticante di genere maschile.

Invariabilmente i testi partono dal e riflettono il punto di vista dei praticanti uomini. … Non è semplicemente una questione di convenzioni stilistiche in una società patriarcale, ma potrebbe anche riflettere la maggiore eco del tantra per la psiche e la fisiologia maschili nella cultura indiana.

La chiave di volta dell’interpretazione androcentrica sembra essere quella secondo cui il frequente riferimento alle donne come materia di discussione nei testi costituirebbe un segno della paternità maschile delle opere e una prova della loro funzione di oggetti e ausili degli uomini. La tacita premessa sembra essere che la presenza delle donne nella letteratura debba essere letta aprioristicamente come la rappresentazione di semplici oggetti della soggettività maschile. Questo arbitrario salto logico, nonostante i tantra esprimano opinioni positive sulla femminilità ed esortino alla cooperazione religiosa tra donne e uomini, valuta il contenuto dei testi come irrilevante per la loro interpretazione.

La mia ipotesi sull’origine e la prospettiva di genere dei testi tantrici è piuttosto differente. Sebbene i tantra siano testi ginocentrici in cui le donne sono spesso l’argomento della trattazione, non ne consegue che queste siano gli impassibili oggetti dell’osservazione o dell’assoggettamento maschili. Io sostengo che, poiché non furono creati da uomini isolati dalle donne, questi testi non esprimono esclusivamente opinioni maschili, bensì idee scaturite dall’indagine e dalla pratica comuni e sviluppate grazie alle intuizioni sia delle donne che degli uomini. In effetti, molte delle riflessioni presenti nelle scritture tantriche possono aver avuto origine soltanto da pratiche compiute da donne e uomini insieme; i testi mostrano apertamente il tantra come un percorso religioso lungo il quale le vite di entrambi sono strettamente intrecciate. Ritengo che le approfondite descrizioni delle interazioni e delle pratiche condivise siano di per se stesse una prova sufficiente del fatto che gli yoginī-tantra sono il prodotto di circoli composti sia da donne che da uomini. Per questo includo le donne tra gli autori dei tantra e ne deduco che i testi riflettono le opinioni e gli interessi delle donne così come quelli degli uomini.

Leggere i testi come una collezione delle riflessioni di entrambi, uomini e donne, piuttosto che considerarli come testi scritti esclusivamente dagli uomini per un pubblico maschile, apre nuove possibilità d’interpretazione. I brani sulle donne possono essere esaminati in cerca di potenziali testimonianze di come loro stesse vedevano e facevano esperienza delle loro vite. Un simile approccio ermeneutico si dimostra aperto all’eventualità che le donne abbiano contribuito a creare e, a volte, a stabilire le categorie in base alle quali gli uomini le vedevano, i termini entro i quali le avvicinavano, le condizioni alle quali loro stesse avrebbero accettato la compagnia maschile. Per questo, invece di definire superficialmente i testi tantrici come creazioni irrimediabilmente maschili e mettere da parte le donne come semplici “oggetti” di questi trattati, questo volume getta uno sguardo nuovo ai testi, per indagare il loro effettivo contenuto: i tipi di donne e di rapporti tra i generi effettivamente descritti e i vari modelli di relazione ideale previsti.

Opera di Cherubino Alberti, oggi all’asta da Pananti Casa d’Aste

 

Donne divine nate dal cielo

Le figure femminili che compaiono nella letteratura tantrica sono presentate fondamentalmente come aspiranti religiose a pieno titolo. Queste donne straordinariamente indipendenti a volte assumono un atteggiamento orgoglioso, condiscendente nei confronti degli uomini, mentre altre volte collaborano con loro in un dinamico sodalizio religioso. Quando uniscono le forze agli uomini, le donne diventano alleate spirituali e stimate insegnanti, compagne mistiche e donatrici di poteri magici e illuminazione. Gli uomini, d’altro canto, non sono delineati come dominatori, ma come supplici, amanti, figli e fratelli spirituali; i testi, inoltre, non definiscono le donne in relazione ai tantristi, però descrivono questi ultimi come uomini con una specifica relazione con l’universo femminile. Una donna non aveva bisogno dell’approvazione maschile per partecipare o progredire nei circoli tantrici; il progresso di un uomo nel tantra, invece, è scandito da tappe nelle sue relazioni con le donne. Rendere loro gli omaggi appropriati è un prerequisito all’illuminazione.

Poiché le donne sono alleate indispensabili nel cammino tantrico, i praticanti maschi devono trovarle e conquistare i loro favori. Secondo il Cakrasamvara-tantra

 

Le mie messaggere sono ovunque;

concedono tutti i traguardi spirituali

con sguardi, carezze, baci e abbracci.

Il miglior luogo per degli yogi è

ovunque ci sia riunione di yogini;

lì tutti i poteri magici saranno ottenuti

da tutti i presenti riuniti in beatitudine.

 

Dal momento che in questo sentiero spirituale la cooperazione con le donne è necessaria, gli uomini possono dover viaggiare a lungo per trovare la propria controparte femminile, con cui potersi dedicare alle pratiche che accrescono la beatitudine: 

 

La gioia e i poteri magici si ottengono

nei luoghi in cui le adepte femmine (dākinī) risiedono.

Lì devi rimanere, recitare mantra, 

banchettare e stare insieme in allegria.

 

Questi brani esemplificano l’atmosfera giocosa e celebrativa dei tantra. Lo spirito di festa e spensierata allegria che circonda l’amicizia tra uomini e donne è l’antitesi della pesante atmosfera di dominazione maschile attribuita a questo corpus letterario.

Una prima testimonianza della condizione e dei ruoli delle donne nei circoli tantrici può essere rintracciata nella loro iconografia e nei termini impiegati per descriverle. Nell’arte, la statura spirituale delle tantriste è suggerita dalle loro caratteristiche decorazioni distintive, come i delicati gioielli ottenuti da fiori e ossa intagliate, o la ghirlanda di teschi o fiori. Assumono festose pose di danza, oppure siedono con fermezza in una stabile posizione yoga, mostrando gesti simbolici delle mani (mudrā). Possono sedere su una pelle d’antilope o indossare una pelle di tigre sulla parte inferiore del corpo, entrambi attributi caratteristici degli esperti di meditazione. Queste figure femminili tengono in una mano una coppa-teschio (kapāla) da cui bevono e offrono i loro sacramenti e il nettare che concede beatitudine, mentre nell’altra di solito brandiscono un coltello dal manico inciso con decori ornamentali e dalla lama ricurva, a forma di mezzaluna. Questo piccolo oggetto non è un’arma, ma uno strumento rituale e di meditazione usato per distruggere le illusioni, le negatività e tutte quelle reazioni alla vita incentrate sul sé. Una tantrista può immaginare di tagliare e frantumare le apparenze negative per distillare la pura, deliziosa essenza dell’energia che porta beatitudine, per poi offrirla alle sue sorelle, alle discepole e ai discepoli in una splendente coppa-teschio.

Nel tantra i termini impiegati per indicare le praticanti sono tutti titoli onorifici che denotano la loro importanza religiosa e le loro conquiste meditative. I principali sono yogini, dākinī, messaggere ed eroine. Il termine “yogini” indica una donna che pratica lo yoga o le arti rituali, un essere femminile con poteri magici o un tipo di divinità. Il termine dākinī sfugge a una definizione precisa, ma è traducibile come “colei che solca i cieli”, “donna che vola”, o “danzatrice del cielo”, sottolineando il librarsi delle intuizioni spirituali, dell’estasi e della libertà dai vincoli di questo mondo, accordata dalla realizzazione della vacuità. Le tantriste sono a volte chiamate “messaggere” (dūtī) perché portano al successo in ogni impresa, sia trascendentale che terrena. “Eroina” (vīrā) indica una donna coraggiosa che si è sottoposta a tutte le sfide del cammino tantrico con le sue fondamentali indagini psicologiche e il suo allontanamento radicale dall’esistenza convenzionale. Un altro termine che è possibile rinvenire nei primi scritti è “detentrice della conoscenza” (vidyādhārinī), che rimanda a una donna che possiede la conoscenza della magia, del rituale e delle tecniche di meditazione.

Alcuni di questi vocaboli, in particolare “yogini” e dākinī, rimandano congiuntamente tanto a concetti di umanità quanto di divinità, dal momento che il pensiero tantrico presuppone uno spettro di gradazioni piuttosto che una distinzione netta tra l’umano e il divino. Il progredire nella pratica tantrica porta all’acquisizione di poteri soprannaturali e alla realizzazione della divinità innata. Le donne che avanzavano su questo cammino erano venerate e incutevano un certo timore reverenziale per le loro abilità speciali, e la vantaggiosa ambiguità di questi termini consente loro di designare una donna a un qualunque punto di questo continuum, dalla neofita a colei che risplende della gloria della piena illuminazione.

Anonimo, opera all’asta da Pananti Casa d’Aste

 

Rispetto e onore

La caratteristica della letteratura tantrica che balza maggiormente agli occhi in merito alle donne è l’atteggiamento di assoluto rispetto e deferenza, a volte raccomandato con appassionata convinzione, come nel seguente passaggio dal Candamahārosana-tantra, uno dei principali scritti della categoria dello yoginī-tantra

 

Si devono onorare le donne.

Le donne sono il paradiso, le donne sono la verità, 

le donne sono il fuoco supremo della trasformazione.

Le donne sono Buddha, le donne sono la comunità di fede, 

le donne sono la perfezione della saggezza.

 

Una delle prime espressioni di questo concetto può essere rinvenuta in un’opera di Laksmīnkarā, una delle madri fondatrici del buddhismo tantrico. In un trattato intitolato La realizzazione della non-dualità, Laksmīnkarā difende questo rispetto sulla base del fatto che le donne sono incarnazioni della divinità femminile: 

 

Non si devono denigrare le donne, 

a qualsiasi classe sociale appartengano per nascita, 

poiché loro sono la Signora Perfezione della Saggezza, 

incarnata nel mondo fenomenico.

 

La “Signora della Saggezza” alla quale Laksmīnkarā fa riferimento è una dea che trae le sue origini dal primo mahāyāna. Conosciuta anche come Prajñāpāramitā e Madre di tutti i Buddha, questa divinità femminile incarna la più alta verità e continua a essere venerata nel tantra. La rivendicazione dello status di divinità incarnate delle donne rappresentava un tema nuovo per il buddhismo, riscontrabile tuttavia anche nello śāktismo e nei testi tantrici di matrice induista dello stesso periodo. Sembra che donne come Laksmīnkarā presero l’iniziativa di abbracciare questi valori śāktici e integrarli nel cammino buddhista. Collegare le donne umane alle divinità femminili costitutiva una conferma irrefutabile del valore della femminilità.

Nel medesimo testo, Laksmīnkarā si spinge molto oltre la semplice richiesta di rispetto ed esige per le donne la venerazione. Il suo sostegno a questa pratica è particolarmente interessante in vista del tenore antinomista del suo scritto. Nel corso dell’intera opera Laksmīnkarā insiste che le limitazioni imposte dell’esterno non sono vincolanti per i/le praticanti del tantra che difatti possono mangiare ciò che desiderano, fare quello che vogliono e recarsi ovunque decidano di andare. Nonostante Laksmīnkarā dispensi dall’obbligo di digiunare, compiere pellegrinaggi, recitare mantra, compiere pratiche devozionali ed eseguire rituali, impone un saldo obbligo ai praticanti maschi: 

 

Colui che conosce questa forma di yoga dovrebbe sempre venerare

con i metodi della saggezza e degli abili mezzi, 

madre, sorella, figlia e nipote.

Egli dovrebbe sempre venerare le donne

con il suo potente scettro di saggezza, 

persino le storpie, le artigiane e le donne delle classi più umili.

 

Secondo Laksmīnkarā, la risposta di un uomo alla divinità della donna dovrebbe andare dal rispetto all’adorazione rituale. Lo yogi degno di questo nome “dovrebbe sempre venerare le donne”, non solo le parenti a cui è affezionato, ma anche quelle verso le quali potrebbe non essere favorevolmente disposto. Sostenendo l’adorazione delle donne (yositpūjā, o strīpūjā), Laksmīnkarā non introdusse una nuova forma rituale, piuttosto confermò una pratica già presente nel suo ambiente culturale, in sette non buddhiste dello stesso periodo. La spinta verso questo atteggiamento assume una rilevanza ancora maggiore dal momento che si presenta in un testo dedicato alla realizzazione della non-dualità. Chiaramente il genere non costituiva uno dei dualismi che Laksmīnkarā voleva sminuire o eliminare, visto che lo lasciò saldamente al suo posto, insegnando una corretta relazione tra i sessi che doveva essere messa in pratica attraverso l’adorazione rituale delle donne.

Come espresso da Laksmīnkarā, la base metafisica della teoria del rispetto delle donne è il principio secondo cui esse sono le incarnazioni delle grandi dee del buddhismo tantrico. L’identificazione delle donne umane con le dee è spesso espressa per bocca di una divinità femminile. Nel Candamahārosanatantra, per esempio, Vajrayoginī afferma in più occasioni di rivelare se stessa nelle donne e attraverso le donne. Sostiene inoltre che tutte le forme d’incarnazione femminili, inclusi gli esseri soprannaturali, le donne di ogni casta e mestiere, quella della propria famiglia e le femmine degli animali condividono la sua divinità, dichiarando: 

 

Ogni qual volta nel mondo si posa lo sguardo su un corpo femminile

questo dovrebbe essere riconosciuto come il mio sacro corpo.

 

Vajrayoginī insiste che tutte le donne e tutti gli esseri femminili dell’universo sono sue incarnazioni (rūpa), o manifestazioni, e che per questo devono essere rispettate, onorate e servite senza alcuna eccezione.

Il rispetto per le donne era richiesto sia agli uomini che alle donne stesse, nonostante avesse implicazioni diverse per il loro rispettivo sviluppo. Per una donna la relazione con Vajrayoginī è basata sull’identificazione, dovendo scoprire la divina essenza femminile dentro di sé. Ciò dovrebbe ispirarle rispetto di sé, sicurezza e fiducia in se stessa e quell’“orgoglio divino” necessario a procedere lungo il sentiero tantrico. Quest’orgoglio, o ricordo della propria primaria identità divina, è qualitativamente diverso dall’arroganza, poiché non è motivato da un senso di inferiorità o da un’espansione auto-indotta del proprio ego a fini compensatori. Al contrario, è un antidoto alla mancanza di fiducia in se stessa e allo scoraggiamento ed è espressione della più pura visione tantrica. Quando una donna rivendica la propria identità divina, non ha bisogno di cercare fonti d’approvazione esterne, poiché un’inesauribile riserva di autostima scaturisce dalle profondità del suo essere.

Nel Candamahārosanatantra, che affronta questo tema, la Buddha Vajrayoginī (detta anche Dvesavajrī, o “Diamante dell’inimicizia” nel testo) svela il proprio legame metafisico con le donne ed esprime il proprio interesse speciale nei loro confronti. Dichiara infatti di essere pienamente immersa nella vacuità e nella beatitudine, e quindi a un certo livello informe, ma di apparire comunque in forma corporea “a vantaggio di quante non sanno che io esisto nel corpo di ogni donna”, cosicché, scorgendo l’illuminazione in sembianze femminili, possano riconoscere la loro innata divinità e il proprio potenziale per l’illuminazione: 

 

Quando [una donna] medita sul mio aspetto

e in lei insorge l’orgoglio supremo per la sua divinità innata, 

allora ella non sarà macchiata dalla colpa, 

persino se uccidesse cento sacerdoti indù. …

Persino se fosse spietata, volubile e irascibile

e prendesse in considerazione di togliere la vita per profitto, 

quella yogini rimarrebbe comunque senza macchia.

 

È significativo che questa veemente difesa delle donne sia espressa da una divinità femminile che ricorda alle proprie devote come l’appartenenza al genere femminile sia una caratteristica che condivide con loro. Una simile rivelazione chiaramente ha il potenziale di nobilitare le donne per via dell’ovvia implicazione che la femminilità non può costituire un peso per gli esseri umani se non lo è per una Buddha. Al contrario, poiché la Buddha risiede in tutte le donne, allora tutte loro condividono la sua divinità. Questa dottrina potrebbe incoraggiarle a riconoscere la propria forza interiore e autosufficienza spirituale, dal momento che avere una divinità femminile come modello può aiutarle a decostruire il proprio sé non illuminato e a recuperare un’identità illuminata in un modo che non svaluta la loro femminilità. Inoltre, poiché avere una controparte divina è essenziale per la pratica tantrica, una simile posizione metafisica effettivamente apriva le porte del tantra alle donne. La presenza di Buddha di genere femminile nell’iconografia dell’illuminazione conferma che una donna può ottenere la buddhità nel corso della sua vita in un corpo femminile.


Miranda E. Shaw è un’autrice americana e studiosa del buddismo Vajrayana. Il suo libro, Passionate Enlightenment: Women in Tantric Buddhism, ha vinto il James Henry Breasted Prize, il Tricycle Prize for Excellence in Buddhist Scholarship e il Critics’ Choice Most Acclaimed Academic Book award nel 1995.[1] Shaw si è laureata all’Ohio State University, ha conseguito un Master of Theology (MTS) alla Harvard Divinity School, un Master of Arts in Religion (MA) e un dottorato nello studio della religione (PhD) alla Harvard University.

 

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