In Metal Gear Solid 2 c’è una “replicazione dilagante” di citazioni, riferimenti culturali e veri e propri meme. E perfino delle profezie.
In copertina un’immagine dal gioco
To begin with we’re not what you’d call “human”
Patriots
La foto di Papa Francesco che indossa uno sciccosissimo Moncler in stile vaticanense mentre passeggia per le strade di Roma. Quella di Giorgia Meloni che abbraccia dei bambini ad Addis Abeba. In un video, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in conferenza stampa annuncia la resa militare. La foto di Vladimir Putin che s’inginocchia come un vecchio pietoso per baciare la mano del capo del popolo cinese, Xi Jinping. Solo una di queste immagini è vera, le altre sono tutte false – create da intelligenze artificiali e da algoritmi generativi. Ma tutto sommato questi artefatti hanno un livello di verosimiglianza e credibilità talmente affidabile che ci caschiamo (quasi) tutti, almeno per qualche secondo. Viviamo ormai in un tempo in cui quello che si vede e si ascolta su Internet spesso ha un elemento di contraffazione, di rumore, di falsificazione. Saper discernere una notizia vera – per quanto grottesca, buffa, insolita, preoccupante – da una falsa è ormai qualcosa non di non triviale.
In un lasso di tempo di una brevità imbarazzante ci sembra già di esserci abituati con serenità a questa situazione, per i più razionali tutto quello che si comincia a vedere sul web si decodifica con una vena di mite scetticismo. E’ un sintomo di chi passa la gran parte del tempo sui social e ne ha osservato l’evoluzione, come i millennials o chi fa parte della gen z, rapportarsi con un mondo iper-reale, contraffatto, in cui ogni cosa può essere causa ed effetto di un complotto quotidiano.
Il tempo che stiamo vivendo è quello della grande corsa alle intelligenze artificiali, che ricorda un po’ quella al primato nucleare degli anni ‘60. Ma se durante la guerra fredda i protagonisti erano degli stati nazionali, oggi è una questione tra grandi aziende. ChatGpt, Bard, MidJourney, GitHub Copilot, Dall-E, PolyAI, Stability: sono solo alcuni nomi delle decine e decine di suite che vengono fornite e vendute da società come OpenAi, Microsoft o Google. Abbiamo cominciato ad utilizzarle quotidianamente, per lavorare ad una tesi di laurea, aiutarci a scrivere del codice Python, ottimizzare lo spazio di una valigia da viaggio, farsi creare una storia ispirata al folklore giapponese, oppure per creare delle fotografie di signore in abiti tradizionali indiani che fanno skate.
Le intelligenze artificiali, nel giro di poco, si sono consolidate come un elemento centrale del mondo digitale, ma hanno anche destato parecchie preoccupazioni, da figure più o meno rilevanti. Geoffrey Hinton, uno dei ricercatori più importanti sull’apprendimento automatico, ha abbandonato Google intimorito dai rischi etici e in generale di utilizzi malevoli delle IA che, secondo lo scienziato, rischiano di essere dietro l’angolo. Sempre secondo Hinton, oggi un modello di AI basato sul Deep Learning impara più velocemente di un essere umano, aprendo possibilità ad oggi imperscrutabili.
-->Il complicato (e interessante) futuro che avremo di fronte nel rapporto tra noi e le creazioni artificiali, in un mondo in cui verità e bugia, finzione e realtà, analogico e digitale, originale e riproduzione non sono più così facilmente intellegibili, è stato trattato con una lucidità fuori dalla norma in tempi non sospetti e più di vent’anni fa da Hideo Kojima in Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, seguito del primo Metal Gear Solid per Playstation e pubblicato su Playstation 2 nel 2001.
Metal Gear Solid 2 fu il primo vero capitolo della saga ad essere atteso con grande fervore dal pubblico mondiale. Negli anni ‘80 gli esordi su NES (Nintendo Entertainment System) e l’home computer MSX avevano reso già popolare il franchise, ma fu solamente il primo capitolo per Playstation a rendere la creatura di Kojima un fenomeno culturale.
Quella di Metal Gear, se dovessimo riassumere in breve, potremmo descriverla come una lunga saga su un gruppo di persone che sono in costante attrito tra principi morali, ideologia e istinto di libertà personale, in un contesto narrativo di guerra perpetua (fredda o calda) in giro per il pianeta. Ma “Metal Gear” è anche il nome di un robottone che attraversa la serie sotto nomi e forme diverse, un’arma militare che rappresenta lo spettro della minaccia della guerra totale.
L’inizio della trama di MGS2 è legato alla conclusione del capitolo precedente: i dati di progettazione della macchina da guerra Metal Gear sono stati venduti alle società militari e il mondo si è riempito di prototipi che hanno alzato l’asticella del rischio di guerra totale. Il protagonista di MGS, Solid Snake, ha fondato insieme all’amico e scienziato Otacon una ONG (Philanthropy) che ha il compito di trovarle e smantellare.
Sulla superpetroliera U.S.S Discovery i Marines stanno sviluppando un nuovo modello di Metal Gear REX. Il compito di Solid Snake e Otacon è quello di distruggere il prototipo, ma le cose si complicano quando un gruppo di terroristi russi si infiltra sulla petroliera che – tra una cosa e l’altra – viene fatta esplodere da Revolver Ocelot (figura cardine di tutta la saga).
Dopo un primo atto ambientato su di una superpetroliera nella baia di Manhattan il videogiocatore scopre che Solid Snake non è il vero protagonista della storia; vestirà i panni di un altro personaggio, l’androgino Raiden, in una missione di recupero ambientata su Big Shell, una piattaforma che è stata costruita per sanificare la dispersione di petrolio dopo l’esplosione.
L’obiettivo di Raiden è quello di liberare il presidente degli Stati Uniti, tenuto ostaggio da un gruppo di terroristi – i Sons of Liberty.
L’opera di Hideo Kojima è impossibile da raccontare in poche parole, ci basti sapere che alla fine si scopre che non solo la Big Shell è la copertura di un’arma di distruzione di massa mobile, ma che in realtà i Sons sono guidati da Solidus, risultato di un esperimento genetico e uno dei tre figli di Big Boss (il nemico del primo Metal Gear e il protagonista di MGS3: Snake Eater e MGS5: The Phantom Pain).
Durante la sua missione Raiden è supportato in collegamento radio dall’analista Rose, nonché fidanzata, e il Colonnello Roy Campbell, già conosciuto nel capitolo precedente nella stessa posizione tattica.
Alla fine della storia, quando finalmente tutte le carte sono scoperte sul tavolo, si scopre che MGS2 è una lotta tra tre fazioni: i Sons of Liberty, i Patriots e Solid Snake/Otacon. Se l’obiettivo di Solid Snake è chiaramente quello di distruggere ogni Metal Gear e derivati nei dintorni, quello dei Sons of Liberty è un po’ più complesso: vogliono liberarsi dei Patriots, una società segreta che apparentemente domina l’economia e la cultura statunitense da secoli. E per farlo sono disposti a distruggere l’intera Manhattan.
C’è un momento nel gioco in cui ci si rende conto che c’è qualcosa che non va nelle comunicazioni tra Raiden e Roy Campbell/Rose, che per un momento si fanno surreali e inquietanti.
“Raiden, spegni subito la console!”, oppure “”Nella vita precedente ero un verme piatto del Nord America. Quelli sì che erano bei tempi…”
E’ come se qualcosa fosse crashato nella testa degli interlocutori di Raiden.
Ci vorrà lo spiegone di Ocelot, verso il finale della storia, a chiarire le cose.
Tutti gli eventi successi a Raiden sulla piattaforma Big Shell sono stati comandati e supervisionati dai Patriots, che non sono un gruppo di persone fisiche, come pensavano i Sons of Liberty, ma un collettivo di AI.
Raiden stesso è cavia di un esperimento chiamato S3: Selection for Societal Sanity, con l’obiettivo di testare le possibilità di manipolare un individuo attraverso input emotivi e pattern comportamentali. Il test era quello di ricreare una simulazione fisica di Shadow Moses (il luogo nel quale è ambientato il capitolo precedente), negli eventi e nei personaggi, oltre che nelle operazioni da compiere. Per esempio, entrambe gli eventi si svolgono nel mezzo dell’Oceano, in entrambe le missioni ci sono degli ostaggi che costringono i protagonisti ad uccidere, i membri della Dead Cells ricordano quelli della Fox Hound – i terroristi del primo MGS -, etc.
C’è un momento in cui Roy Campbell contatta Raiden per un’ultima volta, rivelando la vera identità di AI. Lo è anche Rose, e assieme raccontano al protagonista e al videogiocatore la loro visione del mondo.
Per loro stessa ammissione, i Patriots sono una forma di vita alternativa a quella biologica ma sono un’essenza vitale informe sviluppata basandosi su l’ideologia liberale americana (“The White House was our primordial soup, a base of evolution […] We are the very discipline and morality that Americans invoke so often.”)
Negli intenti dei Patriots si manifestano alcuni dilemmi filosofici di Kojima e sui conflitti tra cosa sia giusto o sbagliato, tra verità assoluta e verità accettata, libertà di parola e controllo, tra evoluzione umana ed era dell’informazione.
Impadronendosi del processo evolutivo culturale dell’uomo i Patriots controllano ogni forma politica e ideologica sul pianeta.
Proviamo ad analizzare alcuni dei passi del lungo dialogo tra i Patriots, che parlano tramite la voce del Colonnello Roy e Rose, con Raiden.
“Human memories, ideas. Culture. History […] Genes don’t contain any record of human history. […] Should that information be left at the mercy of nature? […] We’ve always kept records of our lives. Through words, pictures, symbols… from tablets to books… […] But not all the information was inherited by later generations. A small percentage of the whole was selected and processed, then passed on. Not unlike genes, really.”
Nel presente di MGS2 il genoma umano è stato mappato nella sua completezza all’inizio del secolo – processo che nella realtà storica si è effettivamente concluso nel 2022 – e i Patriots considerano il passo precedente alla digitalizzazione della vita stessa.
I Patriots si chiedono se sia possibile includere all’interno del percorso evolutivo quello che non è biologico, come la trasmissione di cultura e delle idee. Come esseri umani facciamo di tutto per lasciare testimonianze della nostra cultura: il mondo è invaso dalla nostra presenza, le nostre parole sono scritte ovunque, così come le nostre creazioni materiali, opere mastodontiche per segnare in eterno il passaggio di una cultura, come lo sono le Piramidi o la grande muraglia cinese.
Ma nell’era digitale e dell’informazione c’è una novità in negativo, ovvero la quantità sempre più crescente di spazzatura digitale, dalle forme più disparate: pubblicità ingannevoli, truffe, fake news, gossip sensazionalistici.
“But in the current, digitized world, trivial information is accumulating every second, preserved in all its triteness. Never fading, always accessible. [] Rumors about petty issues, misinterpretations, slander… [] All this junk data is preserved in an unfiltered state, growing at an alarming rate.
It will only slow down social progress, reduce the rate of evolution.”
Il timore delle IA è una perdita dei valori morali, di una regressione culturale del popolo americano, conseguenza di una forma di istupidimento da spazzatura informativa (“reduce the rate of evolution”). C’è un film che in versione comica aveva affrontato qualcosa del genere, si chiama Idiocracy (2006, Mike Judge); ma in accezione meno comica è la realtà storica che porta il conto di un decennio di propagande politiche occulte e ossessionate da maree di leggende metropolitane trasformate in cospirazioni giornalistiche. Basti pensare all’assalto al Campidoglio del 2021 e alle filosofie dietro i gruppi che hanno partecipato, come QAnon, neo-confederati, Proud Boys e dell’iconico sciamano con le corna Jake Angeli.
La frase “All this junk data preserved in an unfiltered state” rimanda ad uno dei grandi problemi dell’informazione online e alla crisi di uno dei pilastri del giornalismo fin dalla sua nascita: il fact-checking delle notizie e delle informazioni.
Alle accuse fatte da Raiden di essere dei censuratori i Patriots rispondono di perseguire l’idea di “creare un contesto”.
“The digital society furthers human flaws and selectively rewards the development of convenient half-truths. Just look at the strange juxtapositions of morality around you. []new weapons in order to humanely murder other humans. [] Rights of criminals are given more respect than the privacy of their victims. [] Although there are people suffering in poverty, huge donations are made to protect endangered species. Everyone grows up being told the same thing. [] “Be nice to other people.”[] “But beat out the competition!” [] “You’re special.” “Believe in yourself and you will succeed.”
Il gioco di Kojima è uscito quando i forum erano la cosa più simile a un social network, pensiero che rafforza l’idea che il game designer giapponese sia riuscito a vedere oltre l’orizzonte del nuovo millennio.
Oggi, alle già citate fake news e alle nuove teorie del complotto, si aggiungono le ore che passiamo a guardare su Youtube o in TV programmi spesso di qualità discutibile, oppure la quantità di minuti giornaliera spesa a scrollare i feed di Facebook o Instagram, fare doomscrolling o rimanere rapiti da una serie di video di TikTok sulla cucina etnica di una regione cinese.
L’oceano di informazioni spazzatura ingabbia l’evoluzione in una stasi regressiva: “Not even natural selection can take place here. The world is being engulfed in “truth.” []: And this is the way the world ends.”
I Patriots rileggono il presente come il fallimento del diritto alla libertà della costituzione americana e, come il Grande Fratello di George Orwell, istituiscono una nuovo contesto, ovvero un mondo in cui le informazioni sono filtrate, rielaborate: anzi ri-ingegnerizzate.
Gli uomini, per parola delle IA, seguono i propri scopi, scelgono la verità che meglio si configura con la visione personale del mondo, si riuniscono in gruppi e tra di loro entrano in conflitto.
L’obiettivo dei Patriots è quello di hackerare le culture dei popoli e, la chiave di volta, è il meme:
“Just as in genetics, unnecessary information and memory must be filtered out to stimulate the evolution of the species []
Who else could wade through the sea of garbage you people produce, retrieve valuable truths and even interpret their meaning for later generations? [] That’s what it means to create context.”
Dicevamo, il meme. E’ l’altra tematica che Kojima coglie in anticipo rispetto a quello che sarebbe successo con la cultura di internet qualche anno dopo.
“Life isn’t just passing on your genes, we can leave behind much more than DNA.”
La suggestione di un’unità concettuale in grado di diffondere e tramandare il repertorio culturale di un gruppo di persone è stata ispirata dal controverso saggio “The Selfish Gene” (Il gene egoista, 1976), del biologo neo-darwinista Richard Dawkins.
E’ difficile oggi conoscere un millennial (o di qualche anno più in là) che non sappia cosa sia il meme, sul quale si è scritto tantissimo, anche in Italia: una delle pubblicazioni più recenti è “Memestetica. Il settembre eterno dell’arte” (2020, Nero Edition) di Valentina Tanni. L’autrice attraversa dieci anni di mutazioni di Internet e traccia una mappa sulla distorsione delle immagini e più in generale delle opere d’arte che fanno parte della creazione di un meme.
“Nell’epoca della manipolazione, anche la verità, come gli oggetti di consumo, diventa un bene customizzabile”, scrive Tanni, accennando ad una rete nella quale circolano sempre più deepfake, il realismo delle fonti audio/video e le immagini non conta più nulla. E ancora, “Persino la nostra concezione della storia ne esce profondamente mutata: se tutto viene registrato e archiviato, se nulla viene più davvero dimenticato, la differenza tra presente e passato si fa sempre meno netta.”
Nel mondo dei meme replicabilità e corruzione sono termini fondamentali: se nel primo caso è ormai evidente il significato, nel secondo la corruzione è quella di una fotografia o di una citazione, di un video o di un qualcosa che passando di modifica in modifica viene ricostruito sia esteticamente che semanticamente. Ne esce fuori che nel tempo dei meme ogni artefatto digitale è fatto a strati, una cipolla di layer: tra una postproduzione come un filtro instagram, delle modifiche automatizzate da un software come FakeApp, una creazione da zero, a partire da un prompt, di Midjourney. Possono avere layer che sono semantici a seconda del gruppo di riferimento al quale il meme sta parlando e si sta replicando.
Rivista con questa nuova ottica, i riferimenti culturali che sono disseminati nei primi due capitoli di MG sono meme, così come diventano meme i capitoli stessi della saga. Riferimenti culturali, eventi diegetici e non, fatti storici più o meno improbabili, citazioni, omaggi a qualsiasi cosa abbia un valore culturale: una replicazione dilagante. L’effetto da “tutto è un meme” in MGS è dato dal fatto che così come sono meme le numerose citazioni filmiche, come quelle a Rambo e La Grande Fuga, diventa meme l’intero primo capitolo per Playstation, al punto tale da esserne diventato una simulazione d’allenamento.
L’inganno di MGS2 richiama il concetto di “teoria della simulazione” di Jean Baudrillard, e la sua fortunata frase “La guerra del Golfo non è mai avvenuta”, che significava che nel mondo moderno, la storia, prima ancora che di succedere, avviene attraverso una produzione di immagini e di contesti narrativi. In un certo senso è quello che fanno i Patriots quando costruiscono da zero eventi simulati col progetto S3.
I Patriots testano una possibile trasmissione tramite meme, ricostruiscono la realtà, simulando gli avvenimenti del primo capitolo, invadono l’intero mondo personale di Raiden di falsità: la loro più grande paura, quello di un futuro in cui sarà possibile ricostruire possibili (false) verità tramite informazioni digitali, è diventata un’arma di controllo.
La battaglia a Federal Hall (New York) nel finale di MGS2 ricorda in un certo senso il già citato assalto al Congresso. In entrambi i casi lo scontro avviene in luoghi rappresentativi della democrazia americana con la quale ogni fazione coinvolta ha un rapporto di rilettura ed appropriazione. Per i Patriots è l’ordine costituito, per gli assalitori del 2020 è l’ideale incarnato da Donald Trump. Mentre per Solidus è la sua tomba, che muore inginocchiato di fronte a George Washington e in preda alla disperazione: osservando l’effige del suo eroe democratico, poco dopo aver scoperto di essere stato manipolato per anni.
Quando si scopre che la missione sulla Big Shell è un esperimento di ingegneria sociale dei Patriots, ogni terreno di credibilità si sbriciola, non sappiamo più a cosa abbiamo giocato. Era tutta una simulazione? Solo delle parti? Abbiamo ucciso i colpevoli o degli innocenti?
Capita nel gioco vedere Raiden chiedere a Solid Snake “Cosa dovrei fare?”, che culmina nell’epilogo, “Chi sono io veramente?”
Prima dei titoli di coda Solid Snake, in antitesi al determinismo biologico e memetico dei Patriots, con uno slancio nichilista e libertario, propone al soldato qualunque Raiden “semplicemente” di ripartire da zero, questa volta libero: per davvero.
“Nessuno sa veramente chi o cosa è. I ricordi che avevi e il ruolo che ti hanno assegnato erano dei pesi che dovevi portare. Non importa se fossero veri o meno.
Nel mondo non c’è una realtà assoluta. La maggior parte di quello che chiamiamo realtà è finzione. Quello che pensi di stare vedendo è vero quando il cervello ti dice che è vero”
[…] Anche i Patriots sono una specie di finzione, a pensarci… [] Trova il significato dietro le parole e poi decidi. Puoi trovare il tuo nome. E il tuo futuro..”
“Decidere per me stesso?”
“E qualsiasi cosa tu scelga, sarà la tua scelta. [] Tutto quello che hai provato a pensato, nella missione, è tuo. E quel che decidi di farne è una tua scelta.”
“Ricominciare da capo?”
“Sì, da zero. Con un nuovo nome e nuovi ricordi. Scegli il tuo lascito, sta a te decidere.”
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