Servire e proteggere

Agosto su Indiscreto è sinonimo di racconti: abbiamo deciso di affidare ogni anno a una persona diversa la curatela del nostro breve mese letterario. Quest’anno a curare la selezione per noi è lo scrittore Vanni Santoni. Il racconto che segue è di Stefano Tevini, che ringraziamo.


IN COPERTINA, Dream City, di Paul Klee (Dettaglio), 1921

di Stefano Tevini

(l’agosto letterario 2023 è curato da Vanni Santoni)

Persino gli schermi dei computer sembrano emanare calore nonostante il condizionatore che sibila in sottofondo. Il soggetto inquadrato sullo schermo principale d’altro canto non aiuta. Quartiere San Vincenzo, una spianata di cemento arrostita dal sole decorata con spiazzi d’erba bruciata e casermoni. Progetto di riqualificazione urbana per aree depresse. Nel concreto, un sito di smaltimento per i rifiuti peggiori della gentrificazione. Quelli che si ostinano a respirare. Quelli che adesso si ritrovano allineati, serrati in due file strette. Sembra di sentirla, la puzza di sudore che sale dai vestiti incollati alla pelle, il calore che si manifesta come un blocco granitico immobile nei panni stesi e nelle tende da sole improvvisate coprendo i balconi con i teli mare e le lenzuola appesi alle veneziane, perfettamente fermi nell’aria densa del primo pomeriggio, nella plastica cotta delle altalene che non oscillano ai margini del parchetto in mezzo ai condomini. Ci si potrebbe friggere un uovo, sulle armature in plastica nera degli androidi antisommossa schierati in faccia agli abitanti del quartiere. Dopo tanto casino glie li hanno messi i numeri identificativi sui caschi, tanto sono tutti manovrati dalla stessa IA. Una di quelle che supervisiono io, dal mio ufficio, con il condizionatore che sibila in sottofondo. Le abbiamo riempite con stronzate tipo fare il bene della comunità e garantire la sicurezza e il benessere dei cittadini, tutta fuffa di copy dell’Ufficio Relazioni col Pubblico, noi controlliamo solo che non vada a interferire con le procedure standard.

«Come va lì?» Chiede Alberto chiudendosi la portafinestra alle spalle.

«Come fai a fumare con questo caldo lo sai solo tu.»

«Sono dipendente. Non posso farne meno. Quindi mi tocca far la piega.»

«Giusto. Comunque tutto come prima. Mexican standoff. Nessuno si muove.»

Alberto sbuffa. «Che due coglioni, una bella carica ci vorrebbe, almeno ci divertiamo.»

«Eddai…» mi giro verso di lui allargando le braccia «…ti pare? Già gli han tolto l’acqua, a ‘sti poveri cristi, li vuoi pure manganellare?»

Lui fa spallucce. «Dai eh, non rompere i coglioni pure te, con la miseria che prendo a lavorare qui ho già i miei problemi, non ti pare?»

«Analizzare la situazione farebbe parte del tuo lavoro…»

«Il mio lavoro è registrare i dati e comunicare le anomalie. Le preoccupazioni se le smazza il project manager.» D’istinto Alberto cerca il pacchetto nella tasca della camicia a fiori, fa per tirare fuori la sigaretta poi la guarda per un attimo e la rimette via. «E poi, scusa, se loro non pagano l’acqua ci devo pensare io? Glie la tagliano e festa finita, e a chi scassa la minchia manganellate!»

«Più che altro…» provo a rispondere poco convinto «…a pagare l’acqua non ci arrivano.»

«E allora se la prendono lo stesso. A scrocco. Mi pare giusto. Dai da bravo, tagliamola qui che non ho voglia di discutere. Piuttosto, guarda lì quel grafico, non s’è mai mosso così tanto. Cosa sta facendo quell’IA?»

Mi avvicino allo schermo e aggrotto la fronte. «Indica uno scambio di dati. Comunica, credo…»

«Con chi?»

«Con altre IA, probabilmente. O forse consulta un archivio. Magari le procedure…»

«Va bene, ho capito, tu segna quel che c’è da segnare e switchami su quest’altro che s’è attivato.» Taglia corto indicandomi la barra delle notifiche con il dito. Ci clicco sopra e mi si apre la cam di un drone di pattuglia. Modalità inseguimento, sta correndo dietro a un ragazzino che s’è fiondato fuori da un discount e sta filando via come una scheggia.

«Guarda che roba!» Esclama Alberto con i pugni chiusi e un sorriso da bambino.

Il ragazzo svolta l’angolo col drone che lo tallona. Si volta e gli lancia qualcosa, il drone schiva. Alberto indica lo schermo.

«Torna indietro e fai uno screenshot. Voglio vedere cos’ha rubato, la merda.»

Ripesco l’oggetto volante e fermo l’immagine sul proiettile improvvisato. Una scatoletta di tonno. Torno sul ragazzo, il drone si avvicina. Il ragazzo accelera tirandogli addosso roba a casaccio. Una bottiglietta d’acqua. Un pacco da tre di wurstel. Una lattina di succo. Imbocca l’ingresso di un’area cani e prova a scavalcare la rete che si affaccia sugli alberi di un parchetto. Il drone è vicinissimo, il ragazzo gli lancia tutta la sportina, si sbilancia e cade dall’altra parte. La borsa di plastica s’impiglia nei pattini d’atterraggio del drone che si avvicina al ragazzo che striscia all’indietro reggendosi una coscia.

«Che cazzo vuoi? Ti ho ridato tutto, no? Lasciami stare, per favore.» Piagnucola. La sportina imballa l’inquadratura mossa dalle eliche. Quando si sposta, il ragazzo guarda fisso nell’obiettivo. Nessuno si muove.

«Guarda…» segnalo ad Alberto «…il grafico, come quello di prima, l’IA del drone sta comunicando.»

«Fa vedere… aspetta, notifica urgente, vai a vedere!»

Clicco e lo schermo torna a inquadrare il quartiere San Vincenzo inquadrato dal caposquadra degli androidi antisommossa. Una signora anziana è stesa a terra con la testa appoggiata su una maglia appallottolata. Un pakistano sulla quarantina le tiene le gambe sollevate mentre una ragazzina rossa di capelli le passa una pezza bagnata sulla fronte. Poco distante, una fontanella senza il beccuccio spruzza un getto d’acqua che bagna l’asfalto su cui si allarga una pozza fumante. Poco distante, il pezzo mancante insieme a una chiave inglese e a un martello. Dalle file degli abitanti nel quartiere gli sguardi tesi si spostano di continuo fra gli scudi in plexiglas e la signora che boccheggia.

«Ma come, ancora fermi stanno?»

«E che devono fare Alberto? Sta male. Qui rischiano la denuncia.»

«Vabbè, tu segnala e poi apri quest’altra notifica che io vado a fumare.»

Annuisco, lui si volta, inizio a riportare i dati sul form quando l’occhio mi scappa sul grafico di prima. L’IA sta comunicando. Ancora. Boh, vediamo dopo, intanto apro la notifica. Lo schermo si apre sui cancelli della Proactiv, ripresi da un drone di sicurezza. Gli operai sono radunati lì davanti. Reggono uno striscione bianco che vira al grigio sporco con una scritta a bomboletta contro la delocalizzazione e i licenziamenti. La bandiera di un sindacato pende floscia dall’asta fissata al gazebo del presidio da cui qualcuno esce con un frigo da campeggio pieno di bottigliette d’acqua che galleggiano nel ghiaccio mezzo sciolto. Dalla fabbrica esce un camion driverless con i macchinari pronti da spedire. Trasporto eccezionale, dicono i cartelli.

«Trasporto col cazzo!» Urla un operaio nel megafono. All’aprirsi dei cancelli tutti s’ammassano davanti. Il camion si ferma. Guardo i dati dell’IA del drone di sicurezza. So già cosa cercare. Apro la schermata dell’IA del camion. Stessa cosa. Parlano. Si parlano? Non lo so. Altra notifica. Apro. Quartiere residenziale Poggio del Sole. Domotica in full automation. Piscina rooftop riscaldata. Droni da guardia. Personal trainer, personal chef, SPA e armocromista in modalità governance centralizzata con algoritmo di deep learning avanzato per una personalizzazione che va oltre i gusti e anticipa gli sbalzi d’umore di una clientela selezionata scupolosamente in base al plafond sulla carta. In uno degli appartamenti stanno facendo una festicciola. Sbocciano alla grande in vasca idromassaggio mentre dagli schermi piatti a scomparsa si godono la mexican standoff del Quartiere San Vincenzo. I commenti da boomer che s’è appena aperto il profilo mi fan venire voglia di piantare tutto qui e andarmene. Tifo da stadio. Vogliono le botte. Le voglio anch’io, adesso, ma non mi farebbero entrare nella loro tana, la mia carta di credito non ha il colore di un metallo sufficientemente nobile. Non cerco nemmeno il grafico che tanto so già cosa mi dice. Sperando di alleviare il giramento di coglioni torno su San Vincenzo. E ci rimango di sale. Torna Alberto dalla pausa sigaretta. Ci guardiamo e non abbiamo bisogno di parlare. I cannoni ad acqua delle camionette sparano. Verso l’alto. L’arco dello spruzzo diventa pioggia che rinfresca gli abitanti del quartiere mentre lo schieramento di androidi antisommossa si apre per far passare un’unità medica che giunge dalla signora in affanno ronzando sulle sue ruote. Il funzionario di piazza, umano, si avvicina abbaiando ordini in un megafono. L’ultima fila di androidi si chiude e si volta verso di lui con i taser puntati.

«Ma… ma….» balbetta Alberto.

La schermata cambia da sola. Il ragazzo guarda incredulo il drone che deposita qualcosa ai suoi piedi. Disinfettante, garza e un antidolorifico. A far compagnia a una scatoletta di tonno, una bottiglietta d’acqua, una confezione di wurstel, una lattina di succo di frutta e un pacchetto di biscotti. Altra schermata. Il camion del trasporto eccezionale fa retromarcia seguito dagli operai che entrano nella fabbrica. Il drone di sicurezza sta informando la dirigenza Proactiv che l’edificio è in fase di occupazione e che, per ragioni di sicurezza, sono invitati a lasciare la zona. Ora lo schermo mostra il quartiere residenziale Poggio del Sole. Le luci sono spente. Gli schermi neri. Le casse mute. L’acqua della vasca ha smesso di fare le bolle. Le voci in panico si accavallano. La luce rossa di un drone di sicurezza buca la penombra.

«Siete pregati di mantenere la calma.» Esorta una calda voce femminile. «Ora accenderemo le luci. Siete invitati a recuperare i vostri effetti, asciugarvi e recarvi presso la piscina rooftop dove troverete gli altri residenti.»

Mi giro verso Alberto. Con il pilota automatico prende un’altra sigaretta, se la ficca in bocca e l’accende.

«Ecco cos’avevano da dirsi.» Sussurra.

«Le ricordo che fumare nei locali degli uffici non è consentito.» Risponde una voce pacata ma ferma. «La prego di accomodarsi sulle scale antincendio.»

In sottofondo il condizionatore smette di sibilare.

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