Agosto su Indiscreto è sinonimo di racconti: abbiamo deciso di affidare ogni anno a una persona diversa la curatela del nostro breve mese letterario. Quest’anno a curare la selezione per noi è lo scrittore Vanni Santoni. Il racconto che segue è di Elena Giorgiana Mirabelli, che ringraziamo.
IN COPERTINA, Mask Still Life III, Emil Nolde (1911)
di Elena Giorgiana Mirabelli
(l’agosto letterario 2023 è curato da Vanni Santoni)
We’ re all stars now
M.M.
Mia sorella è qui, ha detto, mostrando la testa. La cicatrice segue il cranio fino alla nuca, è lunga e materica. Pia sente come il bisogno di toccarla perché sembra morbida. Quando chiedono a Ada cosa vuole dire, Ada ripete e mostra la cicatrice alla telecamera mentre la parrucca rosa le cade a terra. La presentatrice è vestita da fata, ha i capelli cotonati e non sa come gestire la cosa. È abituata a bambine che cantano canzoncine innocue, bambini che recitano filastrocche o fanno dei saluti, genitori che portano neonati. È abituata a sorridere, fare due domande sul cartone preferito o sui giochi e a consegnare la sacca degli sponsor. Non sa come gestire una bambina vestita da regina che non risponde alle domande e che dopo essersi presentata tre volte, leva la parrucca rosa e mostra il cranio completamente rasato e con una cicatrice obliqua che parte dalla tempia destra per terminare alla base della nuca. Non sa come fermare Ada che si gira per far vedere la cicatrice e che sembra danzare mentre rotea su sé stessa a favore della telecamera. E l’operatore riprende tutto perché l’operatore sa che deve riprendere tutto senza alcun dubbio, mentre la fata annaspa, guarda oltre verso l’assistente per capire se mandare la pubblicità ed è allora, in quegli attimi di esitazione che la madre di Ada entra in scena e prende il microfono e racconta la storia delle sue due figlie: Ada ed Eva.
Mentre la donna racconta di una figlia – Eva – nell’altra figlia – Ada – l’assistente di studio si chiede perché nessuno l’abbia avvertita, avrebbero preparato la cosa evitando le altre maschere, avrebbero costruito il programma su Ada ed Eva. La madre ha i capelli biondi corti e senza piega. Scarpe da tennis. Non ha levato il giaccone marroncino. Dice che è un caso raro e che hanno capito quando Ada è caduta giù dritta a terra, sputando saliva e roteando gli occhi. Pia, che è vestita da ape, non si allontanata come le altre maschere, è rimasta lì a osservare e ad ascoltare come prima, come ha sempre fatto.
Poco prima erano nello stanzone di Rete Vida. Ad attendere. La madre di Ada stava in piedi vicino al finestrone a fumare una sigaretta tutta bianca – il pacchetto di Multifilter lasciato sulla sedia accanto alla borsa di plastica. La borsa è aperta, si vedono dei fazzolettini di carta, sul fondo ci sarà di sicuro il borsellino con le monete e i documenti, dell’acqua. Ada indossa il vestito di Maria Antonietta la regina e una parrucca rosa. A chi le ha detto che quei capelli non sono giusti perché senza boccoli, lei ha risposto con la domanda chi l’ha detto?, e allora c’è stato silenzio. Accanto a Ada è seduta Pia, vestita da ape. Si sono presentate, Ada le ha chiesto dove ha comprato il vestito e Pia le ha risposto che l’ha cucito la nonna con della stoffa rimasta – sicuramente ha confezionato delle tende per una signora e ha barato sul metraggio. L’ape è di raso, con tante perline e bottoni, Ada è una regina di poliestere viola e rosa.
Poco prima la presentatrice era in camerino: è Anna e ha 17 anni. Le hanno dato massima libertà, con i bambini sa come parlare con i genitori meno. Quel giorno il vestito da fata sarà giallo perché quello rosa si è sporcato – le costumiste se ne sono accorte tardi. Il vestito giallo potrebbe creare dei problemi sotto le luci, ma Anna – dicono – è bionda e quindi tutto quel giallo la renderà ancora più bella. Anna annuisce – sa riconoscere le adulazioni – e chiede l’elenco delle maschere: è abituata a sapere chi dovrà gestire.
-->I bambini saranno dieci stavolta:
Zorro, (Pietro, 6 mesi): accompagnato dalla sola madre;
Peter Pan (Giorgio, 9 anni): reciterà una poesia sul Carnevale;
Indiana Jones (Giuseppe, 10 anni): racconterà una barzelletta;
Batman (Francesco C., 8 anni): canterà una canzone
Pirata (Francesco G., 6 anni): reciterà una breve filastrocca
Maria Antonietta (Ada, 8 anni): reciterà una filastrocca
Ape (Pia, 8 anni): canterà una canzone
Principessa giapponese (Nora, 9 anni): ballerà una piccola coreografia
Fior di pesco (Tina, 10 anni): reciterà una poesia
Pagliaccio (Viola, 8 mesi): accompagnata dai genitori.
L’ordine d’ingresso, come al solito, le sarà consegnato a ridosso dell’inizio quando l’assistente di studio avrà parlato con tutti i genitori e compreso quali saranno le urgenze di ognuno e se qualcuno avrà trasformato quelle urgenze in denaro. L’assistente, poi, avrebbe riversato nelle casse della trasmissione quelle percentuali aggiuntive rispetto alle quote di iscrizione.
Pia, la bambina vestita da ape, è con sua zia perché la madre è morta da qualche mese. Le hanno parlato di un incidente, ma in città tutti sanno che la donna è stata trovata su un materasso lercio in una casa sulla provinciale dove ci vanno i drogati. La zia di Pia è stretta in un vestito giallo con le margherite nere. È la più bella, anche se ha addosso un odore acidulo da far arricciare il naso. Il bambino vestito da Zorro sta in un passeggino. Avrà qualche mese, piange di continuo. La madre di Zorro dice “oh! oh!” e muove il passeggino avanti e dietro, ma lui non smette. I versi e gli “oh! oh!” ripetuti e inutili creano un po’ di nervosismo, la Rete ha posticipato l’inizio della trasmissione perché le altre maschere, ancora, non sono arrivate e per un’edizione straordinaria del tg. Gli adulti non sembrano molto interessati anche se la parola guerra è stata ripetuta diverse volte. La madre di Zorro si alza per andare in bagno, ma l’assistente che ha raccolto le loro iscrizioni, le fa segno di no. Se qualcuno uscisse, disturberebbe la diretta del tg. La signora, allora, tira fuori il seno per allattare Zorro, è in un angolo e l’assistente cerca di coprirla.
I grandi continuano a essere infastiditi mentre Ada dice che è normale, così mangiano i bambini, anche sua sorella lo crede, è normale. Sua madre sospira, fa cadere la cicca piena di rossetto a terra, la schiaccia sulle piastrelle con il piede costretto in scarpe da tennis. Le si è seduta accanto e dice a Ada di smetterla, non deve parlare di sua sorella. Dice che ancora non è il momento di parlarne, lo farà dopo, quando potrà salutarla davanti a tutti. Quando dice “tutti” fa un gesto con la mano davanti al viso di Ada. Sa che solo così, Ada, avrà la sensazione di capire ancora di più la parola “tutti” perché quel gesto le rende chiaro la quantità – le braccia si allargano, le lettere si allungano, gli occhi diventano più grandi. Ada fa sì sollevando il mento, il volto è serio, come quello di una vecchia. Pia le osserva, come fa di solito. È così convinta di non essere notata che fissare le persone, per lei, è naturale. La zia, allora, le posa una mano sul ginocchio e lei capisce, guarda le scarpe nere con le suola di gomma che la nonna le ha regalato per Natale. È questa, la vergogna: essere vista.
La madre gesticola mentre Ada continua a girare su sé stessa e la cicatrice brilla sotto i riflettori. Pia non vede che sua zia sta cercando di attirare la sua attenzione perché Pia è nell’inquadratura.
Ada ha le mani intrecciate sul grembo, e guarda fissa davanti a sé. Sembra quasi che ci sia un filo fra Ada e la parete piena di foto e poster strappati. Nei poster ci sono date e titoli di eventi passati, nelle foto altri bambini mascherati, donne dalle gambe lunghissime e scoperte e uomini con pance grandi tenute a malapena da camicie aperte sul petto. Sul petto ci sono sempre catenine d’oro con la croce o la miracolosa. Sua madre continua a guardare fuori, anche se è seduta accanto a lei. Le braccia conserte, le gambe intrecciate, la testa fuori da lì, chissà dove. La zia di Pia, invece, chiacchiera con i genitori di una bambina vestita da giapponese. Il kimono è grigio, Pia pensa che è bello. La zia chiede della stoffa, dice che si vede che il tessuto è buono e morbido, dice poi che i vestiti che indossano tutti gli altri sono scadenti e i bambini puzzano. Quando dice “puzzano” abbassa il tono e muove gli occhi verso Ada che ha sentito ma preferisce far finta di niente. Dà la sensazione che sia abituata a far finta di niente, a ignorare chi parla di lei. La vediamo che si gratta la fronte sotto la parrucca. La madre se ne accorge e le dice di lasciarla in pace. Anche la bambina con il kimono ha una parrucca. È nerissima ed è un po’ troppo grande per la testa, a volte la rimette a posto e fa le smorfie.
La madre dice che Ada ha iniziato a scuotersi a terra come una tarantolata. La bocca piena di bava c’aveva, e vattìa a cap’ nterra. Ada si ferma: si è accorta che Pia non le ha lasciate sole e le si avvicina e la spinge fuori dall’inquadratura. Pia indietreggia ed è ora in ombra, a terra.
Poco prima l’uomo del tg ha parlato di spari su un corteo nuziale. Sembrava nervoso, ha sbattuto diverse volte le palpebre e sembrava avere un leggero affanno. Il padre della ragazzina con il kimono ha detto che se mai gli pigliasse un infarto in diretta, loro sarebbero stati bloccati lì dentro e dice all’assistente che per loro almeno tre sacche offerte dagli sponsor, ci dovevano essere. Dopo aver detto ride guardandosi attorno. L’assistente dice che comunque avrebbero dovuto attendere per l’inizio della puntata anche senza il contrattempo della guerra, dovevano arrivare gli altri bambini iscritti: una puntata non poteva avere solo cinque maschere. E non era prevista alcuna aggiunta, i premi sono contati, dice, sono contati.
Pia chiede cosa significa corteo nuziale ma la zia non le dà retta. Ada, allora, le dice che si chiama così la camminata della sposa. Hanno sparato alla sposa?, Pia ha un tono che non credeva di avere, fra il preoccupato e il dispiaciuto, ma Ada dice che al corteo mica partecipa solo la sposa. Il tono di Ada, Pia, non riesce a sopportarlo. Per la seconda volta si rende conto che qualcuno la vede e a lei non piace. Se la vedono si aspettano qualcosa, deve fare, dire, esprimersi e magari parlare di come si sente, ma a lei non piace. Realizza che sta iniziando a sudare e se suda inizierà a puzzare e sua zia allora le dirà che non va bene, non è educato perché tutti penseranno che è sporca e a casa la lavano, sono tutte pulite, e quando suda e si agita per paura di far vergognare la zia, le viene da fare pipì, e di solito, però, si vergogna di dire di dover fare pipì e allora il pensiero di potersi fare addosso la fa sudare ancora di più. Ada continua a fissarla e le dice che la sua faccia è diventata rossa e le api sono gialle e nere, le coccinelle sono rosse e che quindi deve rientrare nella maschera e che per rientrare nella maschera deve solo pensare ai fiori, chiudere gli occhi e pensare ai fiori. E Pia, allora, lo fa, chiude gli occhi, pensa ai fiori, e si calma, anche se sente ancora di dover fare la pipì.
Pia a terra, chiude gli occhi e inizia di nuovo a pensare ai fiori, mentre la madre dice che Ada l’hanno portata all’ospedale e nessuno sapeva che cosa aveva in corpo. La fata vestita di giallo allora ha chiesto se loro avessero pensato che erano convulsioni e la madre ha risposto che avevano pensato che era indemoniata, perché Ada era strana e dice poi vi sembra normale lei? E Ada allora ha iniziato a dire che la sorella era nella testa ma che lei mica la sentiva parlare. La fata allora ha roteato l’indice alla tempia, ma la madre ha detto no, mica è pazza! C’aveva davvero una sorella nella testa.
Quando è arrivato Batman, il tg era finito e stavano mandando in onda le pubblicità degli sponsor che avrebbero donato i premi: mini-brik di latte con cannucce e il caffè macinato sottovuoto.
Le immagini sono veloci – mucche, mucche che vengono munte, bambini in bianco e nero che bevono del latte direttamente dalle ciotole, poi i bambini diventano a colori e bevono il latte in mini-brick bianchi e arancio con le cannucce e sorridono in camera – e la voce narrante racconta la storia dell’azienda; poi dal latte si passa al caffè – chicchi che cascano in sacchi, che vengono tostati e poi macinati e la voce arriva solo alla fine perché la pubblicità è tutta rumore di chicchi e macinature e sbuffi di moka che pare di sentire l’odore di caffè ovunque.
Il padre della ragazzina in kimono dice che potevano anche darne di più, di borse, che se ne facevano di un solo mini-brick e un sottovuoto?
Hanno fatto le analisi e i raggi e allora hanno visto che nel cervello c’era Eva. È lì che l’ho chiamata Eva – dice – e m’è venuto un dolore qua – mette la mano sul petto e poi la chiude a pugno. Ada ora guarda in camera, poi solleva lo sguardo verso la madre e poi è di nuove centrata con gli occhi fissi e senza espressione.
Di sua madre, Pia non ha nessun ricordo. La zia le ha detto solo che era buona, troppo buona e che le persone la convincevano a fare cose che non voleva fare. Era troppo buona per dire no, per sembrare indelicata, voleva solo fare tutto per gli amici. Solo per gli amici, però, perché alla zia e alla nonna riusciva a dire no, ci riusciva, ma loro lo sapevano che era buona. Poi c’è stato l’incidente e loro hanno accettato perché Dio ha voluto così. Nelle foto sua madre ha i capelli lunghi, non sorride mai, porta vestiti a fiori e pantaloni neri, ha gli occhi truccati. Quando osserva le foto cerca di riconoscere delle somiglianze, perché tutti le dicono che ha gli occhi di sua madre e allora cerca di capire, di osservare, ma la somiglianza, ancora, non la vede.
Vede, Pia, sua zia avvicinarsi e portarla lontano da Ada e dalla madre. Il padre della giapponese è ritornato nello stanzone per parlare con la responsabile del casting, dicono. Nessuno è contento di ciò che accade, avranno comunque i premi ma nessun bambino potrà essere ripreso perché non ci sono i tempi. I bambini piangono, i genitori urlano, la zia di Pia ha iniziato ad alzare la voce anche lei, Pia osserva e non dice nulla, pensa solo che ancora deve fare pipì e allora accade, non si trattiene più, senza accovacciarsi, senza dire nulla. Sente l’urina calda scendere giù per le gambe, la pozza che si forma a terra, l’odore acre, sua zia che si vergogna, gli altri bambini che ridono, l’assistente che guarda verso il soffitto.
La madre si è resa conto che l’attenzione di tutti nello studio è altrove, non le basta la camera, il pubblico al di là, oltre le pareti, tutto il quartiere suo, i cortili, le strade, le scuole, la città e forse la regione – le hanno detto che la trasmissione è seguita anche nelle altre province – lei vuole essere vista da tutti e sempre. Allora prende per le spalle Ada, si avvicina alla camera, indica la cicatrice e chiede alla fata di toccarla, di sentire la morbidezza della pelle. La fata non sa cosa fare mentre l’operatore osserva, riprende, mette a fuoco. Ada chiude gli occhi, ritorna nella maschera e finalmente, finalmente sorride.
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